Un nuovo concorso? Il sistema migliore per moltiplicare i mali della scuola
di Gianni Zen - martedì 27 dicembre 2011
Caro direttore,
devo essere sincero: non credo più ai maxi-concorsi. Per qualsiasi professione. Ma preferisco tutte quelle iniziative che garantiscono la stretta vicinanza tra ruoli professionali e servizio agli utenti. Come non credo più, per questi ed altri “ruoli pubblici”, al valore taumaturgico dello Stato e delle sue propaggini amministrative, centrali-ministeriali o periferiche-regionali.
Credo, invece, che dovremmo davvero prendere sul serio il nuovo Titolo V della Costituzione (legge n. 3 del 2001), e consentire per legge dello Stato, una volta stabiliti gli standard nazionali ed un ruolo “terzo” del corpo ispettivo, alle singole regioni, come già avviene nelle province autonome di Trento e Bolzano, di indire concorsi pubblici, aperti a tutti, ma vincolati alla copertura dei posti della sola regione prescelta, senza quelle furbate già troppe volte denunciate: perché il rigore del Veneto deve essere aggirato dal lassismo di altre regioni? Sussidiarietà significa rimettere al centro anche nel mondo della scuola gli enti locali, e non più lo Stato-Tutto.
Proviamo a pensare, anche per i concorsi pubblici, a cosa significa democrazia reale: se, in una scuola, dei docenti o presidi o bidelli non funzionano, perché non dare il potere ai rappresentanti dei cittadini in loco, a seguito degli esiti di un sistema di valutazione, anche di chiudere una scuola, di licenziare chi non funziona, di mettere in mobilità chi non è in grado di assumere questa responsabilità pubblica?
Questo significa realizzare in concreto il valore pubblico del servizio scolastico, togliendolo da una sorta di aureola mistico-statalista, quella che ancora oggi produce situazioni imbarazzanti nelle scuole, con i poveri presidi costretti a vere giravolte ogni anno pur di sistemare quei docenti che nessuno vuole. Questa è la scuola reale, sconosciuta al Miur.
Un concorso indistinto aperto a tutti, cioè un concorso ordinario, senza questo nuovo scenario, non farebbe altro che riprodurre all’infinito i soliti mali, anche se darebbe una chance ai giovani in gamba, immolati alla speranza di agguantare un posto (in totale 12.500) su 300.000 aspiranti.
Non ha più senso un maxi-apparato come il nostro Miur, che al mondo è secondo, come agenzia di lavoro, solo dopo il Pentagono. Noi dobbiamo uscire dai vecchi vizi assistenzialistici, quelli che hanno sino ad ora impedito di pensare alle riforme della scuola non a partire dal meglio per i nostri studenti, ma solo sui compromessi sugli organici.
E’ ad esempio serio che il Miur continui a ignorare che il cambio di supplenti delle ultime settimane (“fino agli aventi diritto”), in barba alla continuità didattica e al bene dei nostri studenti, è un vulnus che va sradicato? Ci vuole molto a scandire in modo tempestivo i tempi, nel rispetto della scuola reale? Il peccato originale, anche della scuola, è presto detto: è la realtà che si deve conformare alle norme, o non sono piuttosto le norme che devono registrare e poi incanalare il dinamico principio di realtà verso nuove prospettive?
L’autonomia scolastica deve diventare, in questo contesto, la vera cerniera tra cittadini e istituzioni: perché non pensare a reti locali di scuole che mettono a bando posti di docenti, presidi, ata, con una commissione mista scuola-territorio?
Le scuole, in poche parole, devono diventare “scuole delle comunità locali”, cioè scuole dello Stato inteso, però, come incarnazione in loco delle istituzioni, non più staccate, lontane, autoreferenti, come è oggi. In più: noi dobbiamo fare in modo che i giovani bravi scelgano la scuola come professione, come prima opzione, e con stipendi adeguati, se giudicati bravi.
Se qualcuno ha qualche dubbio, vada a vedere la situazione nelle province di Trento e Bolzano.
C’è il rischio reale di scuole ed enti locali che, in stile mafioso, imbroglino le carte? Qui deve essere chiaro il ruolo del corpo “terzo” degli ispettori, ed i cittadini vanno poi aiutati perché possano pretendere qualità e trasparenza anche del servizio scolastico.
Ha ancora senso regalare tanti cento e lode a maturità, se poi queste votazioni non sono accompagnate da una reale preparazione, da competenze accertabili? Ha ancora senso vedere tanti giovani con titoli di studio senza mercato del lavoro? Perché non intervenire più concretamente nel reale orientamento scolastico, cosa che solo le reti di scuole possono realizzare, con un POF condiviso e multi-facce?
Una cosa che ritroviamo poi in tutte le scuole d’Italia è questa: nelle scuole tutti sanno chi sono i bravi docenti e quali non funzionano, e tutti sanno se alcune scuole hanno buona o cattiva reputazione. La trasparenza e il principio di responsabilità anche in questi casi sono il cuore della democrazia reale, non quella decantata a parole, ma negata nei fatti dei tanti statalisti di turno.
Questa è la “buona politica” che manca all'Italia. Non hanno più senso le obiezioni del tipo: “ma le scuole garantiranno un cattivo servizio, se lasciate agli enti locali...”. Allora verrà fuori la differenza tra buona scuola e cattiva scuola, e prima o poi saranno gli stessi cittadini che si rifiuteranno di mandare i propri figli in queste scuole. Ognuno, come e' giusto, sia un po' artefice del proprio destino. Cioè la sana etica della responsabilità personale. Che vale per tutti, per il Nord come per il Sud.
I docenti quindi andranno assunti a livello regionale e locale, con un sistema di valutazione. Lo stesso per i presidi e per il personale non docente. Mentre ricordo bene la statalizzazione dei bidelli più di dieci anni fa. Una vera follia. E non dovrà più esserci separazione tra direzione regionale dipendente dal ministero e la stessa Regione...
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2011/12/27/SCUOLA-Un-nuovo-concorso-Il-sistema-migliore-per-moltiplicare-i-mali-della-scuola/231343/
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Gent.mo Preside Gianni Zen, per raggiungere obiettivi didattici strategici ci vuole “testa” non sussidiarietà
Il preside Gianni Zen nel suo ultimo articolo, del 27 dicembre 2011, pubblicato sulle pagine di ilsussidiario.net, dal titolo “Un nuovo concorso? Il sistema migliore per moltiplicare i mali della scuola”, evidenzia il fatto che non crede più ai maxi-concorsi, al valore taumaturgico dello Stato e delle sue propaggini amministrative, centrali-ministeriali o periferiche-regionali. La taumaturgia (parola formata a partire dal greco θαῦμα thaûma, tema thaumat-, "miracolo" e ἔργον érgon "lavoro") è un ramo della religione che si occupa dei prodigi e dei miracoli, appunto gli stessi miracoli che non fanno, e non hanno mai fatto, parte del complesso mondo della scuola, con o senza i tanti sventolati elementi di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà, infatti, tanto nella sua dimensione orizzontale o sociale, quanto in quella verticale o istituzionale dovrebbe sancire il passaggio dallo "Stato per i cittadini" allo "Stato dei cittadini", in altre parole si dovrebbe assistere alla trasformazione di uno Stato da soggetto astratto e formale a soggetto pubblico responsabile di un patto con i cittadini ( tempo fa ho fatto da telespettatore, in una trasmissione di Bruno Vespa, ad un patto con i cittadini italiani, ed oggi assisto alle macerie economico-finanziarie provocate da quel patto ) essenzialmente finalizzato a garantire agli stessi pienezza di diritti individuali e sociali, efficaci risposte ai bisogni e quindi pienezza di cittadinanza. Tutte promesse dall’elevato fascino istituzionale, ma di differente attuazione nelle diverse regioni del nostro Bel Paese, con tutto vantaggio verso quelle aree industrializzate del nord, che oggi sono sede dei più importanti centri di ricerca e sviluppo dell’innovazione tecnologica italiana. Gent.mo Zen, condivido le Sue perplessità sui modelli attuativi di tale trasformazione epocale del mondo dell’istruzione, soprattutto quella tecnica e professionale, e al suo dubbio sul rischio reale di scuole ed enti locali che, in stile mafioso, imbroglino le carte, aggiungo il mio sulla possibilità che le stesse scuole ed enti locali, in stile leghista, possano fare di peggio. Nel meridione, nonostante i dati delle indagini OCSE-PISA, si raggiungono livelli di assoluta qualità didattica, anche in un sistema centralista del sapere nazionale, grazie all’abnegazione e alla passione di Professori e Dirigenti Scolastici, che con le loro competenze riescono a supplire qualche inefficienza, sempre presente in qualsiasi attività umana. Le parlo per esperienza diretta, viste le mie attività didattiche e divulgative sull’ innovazione tecnologica, ideate dalla stupenda terra di Sicilia, e che coinvolgono centri di eccellenza tecnologica anche della sua regione, come Veneto Nanotech con sede a Padova, la cui collaborazione con il mio blog “Dieci alla meno nove” dura ormai da diversi anni (http://www.venetonanotech.it/it/news-eventi/nanotecnologie-news/ ), o come INCA (consorzio Interuniversitario Nazionale Chimica per l’Ambiente ) con sede a Venezia, di cui mi onoro essere autore della rivista ufficiale GREEN (http://www.incaweb.org/green/news/text/news0049.htm ). A volte le dinamiche di ricerca didattica ci portano ad interfacciarsi con centri di ricerca che non sono residenti nella provincia o regione di operatività, a volte, in un contesto di globalizzazione, anche l’intero territorio nazionale ci può andare stretto. Di conseguenza una parcellizzazione del sapere, da nazionale a comunale, potrebbe avere riscontri di non facile previsione, nonostante l’organizzazione della migliore delle reti scolastiche possibile. Concludo con un semplice ragionamento, il Veneto e altre regioni limitrofe, come il Trentino, che Lei riporta sempre come esempio di sussidiarietà efficiente, qualche decennio fa, si sono lasciati scappare una delle migliori competenze italiane nel settore della microelettronica, quella di Federico Faggin ( progettista del primo microprocessore INTEL 4004 ), che ha fatto le fortune della INTEL e di tutta l’informatica statunitense, forse una maggiore sinergia nazionale, nel riconoscimento delle professionalità tecnico scientifiche, ci avrebbe fatto guadagnare diverse decine di punti di PIL, con buona pace del titolo V.
Aldo Domenico Ficara
aldodomenicoficara@alice.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Postato il Domenica, 01 gennaio 2012 ore 10:30:06
http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-246865.html
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Gianni Zen risponde a Aldo Domenico Ficara
Riporto con piacere la cortese risposta, inviatami per e-mail, dal Preside Gianni Zen. Convinto che la condivisione di idee e riflessioni sia il giusto carburante per costruire processi innovativi sulla trasmissione del sapere nella scuola del prossimo futuro, auspico strette collaborazioni di intenti, prive di sterili polemiche da entrambe le parti, tra Docenti e Dirigenti Scolastici di buona volontà, come tra nord e sud della nostra amata Italia. Di seguito ho trascritto la mail del Preside Gianni Zen:
“ Caro professore, grazie della sua riflessione. Che mi ha fatto riflettere. Io mi sono convinto che la nostra scuola deve uscire dal cono d’ombra statale, nel senso di una democrazia sostanziale, centrata sul rapporto diretto tra cittadini e istituzioni. Qui, per citare alcuni esempi, il modello tedesco della regionalizzazione o quello svedese degli enti locali direttamente responsabili ci dovrebbero dire cose importanti. Finché si invoca lo Stato lontano si giustificano anche le contraddizioni da lei evidenziate e che condivido. Non sono leghista, tanto per capirci e conosco eccellenze anche in Sicilia. Però non possiamo più lasciarle alla buona volontà ma estendere, con verifica incrociata, il diritto e dovere della responsabilità personale. A proposito della Sicilia, io sono un appassionato studioso di don Sturzo, ed ancora oggi, anche sulla scuola, potrebbe dirci cose interessanti….. Il problema, per ritornare a noi, è che siamo nel bel mezzo di una rivoluzione che cambierà radicalmente stili di vita ecc. Per cui anche la scuola dovrà adeguarsi, per essere sempre più “ servizio pubblico “. Appunto “ servizio pubblico “, cioè scuola di Stato, e lo Stato siamo noi, cioè la scuola delle comunità locali. Le quali devono anche dire le cose che vanno e non vanno. E tutti sappiamo che i docenti a scuola non sono tutti uguali, e che le scuole non sono tutte buone. Ho visto le critiche che mi sono piovute addosso: è possibile che i docenti parlino solo dei docenti, mentre la scuola è per gli studenti, e noi siamo al loro servizio, come gli ospedali non sono dei medici e le procure e i tribunali non sono dei magistrati…? Sono finiti certi tempi, ed altre stagioni si stanno aprendo …. Con cordialità. Gianni Zen”
di Gianni Zen - martedì 27 dicembre 2011
Caro direttore,
devo essere sincero: non credo più ai maxi-concorsi. Per qualsiasi professione. Ma preferisco tutte quelle iniziative che garantiscono la stretta vicinanza tra ruoli professionali e servizio agli utenti. Come non credo più, per questi ed altri “ruoli pubblici”, al valore taumaturgico dello Stato e delle sue propaggini amministrative, centrali-ministeriali o periferiche-regionali.
Credo, invece, che dovremmo davvero prendere sul serio il nuovo Titolo V della Costituzione (legge n. 3 del 2001), e consentire per legge dello Stato, una volta stabiliti gli standard nazionali ed un ruolo “terzo” del corpo ispettivo, alle singole regioni, come già avviene nelle province autonome di Trento e Bolzano, di indire concorsi pubblici, aperti a tutti, ma vincolati alla copertura dei posti della sola regione prescelta, senza quelle furbate già troppe volte denunciate: perché il rigore del Veneto deve essere aggirato dal lassismo di altre regioni? Sussidiarietà significa rimettere al centro anche nel mondo della scuola gli enti locali, e non più lo Stato-Tutto.
Proviamo a pensare, anche per i concorsi pubblici, a cosa significa democrazia reale: se, in una scuola, dei docenti o presidi o bidelli non funzionano, perché non dare il potere ai rappresentanti dei cittadini in loco, a seguito degli esiti di un sistema di valutazione, anche di chiudere una scuola, di licenziare chi non funziona, di mettere in mobilità chi non è in grado di assumere questa responsabilità pubblica?
Questo significa realizzare in concreto il valore pubblico del servizio scolastico, togliendolo da una sorta di aureola mistico-statalista, quella che ancora oggi produce situazioni imbarazzanti nelle scuole, con i poveri presidi costretti a vere giravolte ogni anno pur di sistemare quei docenti che nessuno vuole. Questa è la scuola reale, sconosciuta al Miur.
Un concorso indistinto aperto a tutti, cioè un concorso ordinario, senza questo nuovo scenario, non farebbe altro che riprodurre all’infinito i soliti mali, anche se darebbe una chance ai giovani in gamba, immolati alla speranza di agguantare un posto (in totale 12.500) su 300.000 aspiranti.
Non ha più senso un maxi-apparato come il nostro Miur, che al mondo è secondo, come agenzia di lavoro, solo dopo il Pentagono. Noi dobbiamo uscire dai vecchi vizi assistenzialistici, quelli che hanno sino ad ora impedito di pensare alle riforme della scuola non a partire dal meglio per i nostri studenti, ma solo sui compromessi sugli organici.
E’ ad esempio serio che il Miur continui a ignorare che il cambio di supplenti delle ultime settimane (“fino agli aventi diritto”), in barba alla continuità didattica e al bene dei nostri studenti, è un vulnus che va sradicato? Ci vuole molto a scandire in modo tempestivo i tempi, nel rispetto della scuola reale? Il peccato originale, anche della scuola, è presto detto: è la realtà che si deve conformare alle norme, o non sono piuttosto le norme che devono registrare e poi incanalare il dinamico principio di realtà verso nuove prospettive?
L’autonomia scolastica deve diventare, in questo contesto, la vera cerniera tra cittadini e istituzioni: perché non pensare a reti locali di scuole che mettono a bando posti di docenti, presidi, ata, con una commissione mista scuola-territorio?
Le scuole, in poche parole, devono diventare “scuole delle comunità locali”, cioè scuole dello Stato inteso, però, come incarnazione in loco delle istituzioni, non più staccate, lontane, autoreferenti, come è oggi. In più: noi dobbiamo fare in modo che i giovani bravi scelgano la scuola come professione, come prima opzione, e con stipendi adeguati, se giudicati bravi.
Se qualcuno ha qualche dubbio, vada a vedere la situazione nelle province di Trento e Bolzano.
C’è il rischio reale di scuole ed enti locali che, in stile mafioso, imbroglino le carte? Qui deve essere chiaro il ruolo del corpo “terzo” degli ispettori, ed i cittadini vanno poi aiutati perché possano pretendere qualità e trasparenza anche del servizio scolastico.
Ha ancora senso regalare tanti cento e lode a maturità, se poi queste votazioni non sono accompagnate da una reale preparazione, da competenze accertabili? Ha ancora senso vedere tanti giovani con titoli di studio senza mercato del lavoro? Perché non intervenire più concretamente nel reale orientamento scolastico, cosa che solo le reti di scuole possono realizzare, con un POF condiviso e multi-facce?
Una cosa che ritroviamo poi in tutte le scuole d’Italia è questa: nelle scuole tutti sanno chi sono i bravi docenti e quali non funzionano, e tutti sanno se alcune scuole hanno buona o cattiva reputazione. La trasparenza e il principio di responsabilità anche in questi casi sono il cuore della democrazia reale, non quella decantata a parole, ma negata nei fatti dei tanti statalisti di turno.
Questa è la “buona politica” che manca all'Italia. Non hanno più senso le obiezioni del tipo: “ma le scuole garantiranno un cattivo servizio, se lasciate agli enti locali...”. Allora verrà fuori la differenza tra buona scuola e cattiva scuola, e prima o poi saranno gli stessi cittadini che si rifiuteranno di mandare i propri figli in queste scuole. Ognuno, come e' giusto, sia un po' artefice del proprio destino. Cioè la sana etica della responsabilità personale. Che vale per tutti, per il Nord come per il Sud.
I docenti quindi andranno assunti a livello regionale e locale, con un sistema di valutazione. Lo stesso per i presidi e per il personale non docente. Mentre ricordo bene la statalizzazione dei bidelli più di dieci anni fa. Una vera follia. E non dovrà più esserci separazione tra direzione regionale dipendente dal ministero e la stessa Regione...
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2011/12/27/SCUOLA-Un-nuovo-concorso-Il-sistema-migliore-per-moltiplicare-i-mali-della-scuola/231343/
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Gent.mo Preside Gianni Zen, per raggiungere obiettivi didattici strategici ci vuole “testa” non sussidiarietà
Il preside Gianni Zen nel suo ultimo articolo, del 27 dicembre 2011, pubblicato sulle pagine di ilsussidiario.net, dal titolo “Un nuovo concorso? Il sistema migliore per moltiplicare i mali della scuola”, evidenzia il fatto che non crede più ai maxi-concorsi, al valore taumaturgico dello Stato e delle sue propaggini amministrative, centrali-ministeriali o periferiche-regionali. La taumaturgia (parola formata a partire dal greco θαῦμα thaûma, tema thaumat-, "miracolo" e ἔργον érgon "lavoro") è un ramo della religione che si occupa dei prodigi e dei miracoli, appunto gli stessi miracoli che non fanno, e non hanno mai fatto, parte del complesso mondo della scuola, con o senza i tanti sventolati elementi di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà, infatti, tanto nella sua dimensione orizzontale o sociale, quanto in quella verticale o istituzionale dovrebbe sancire il passaggio dallo "Stato per i cittadini" allo "Stato dei cittadini", in altre parole si dovrebbe assistere alla trasformazione di uno Stato da soggetto astratto e formale a soggetto pubblico responsabile di un patto con i cittadini ( tempo fa ho fatto da telespettatore, in una trasmissione di Bruno Vespa, ad un patto con i cittadini italiani, ed oggi assisto alle macerie economico-finanziarie provocate da quel patto ) essenzialmente finalizzato a garantire agli stessi pienezza di diritti individuali e sociali, efficaci risposte ai bisogni e quindi pienezza di cittadinanza. Tutte promesse dall’elevato fascino istituzionale, ma di differente attuazione nelle diverse regioni del nostro Bel Paese, con tutto vantaggio verso quelle aree industrializzate del nord, che oggi sono sede dei più importanti centri di ricerca e sviluppo dell’innovazione tecnologica italiana. Gent.mo Zen, condivido le Sue perplessità sui modelli attuativi di tale trasformazione epocale del mondo dell’istruzione, soprattutto quella tecnica e professionale, e al suo dubbio sul rischio reale di scuole ed enti locali che, in stile mafioso, imbroglino le carte, aggiungo il mio sulla possibilità che le stesse scuole ed enti locali, in stile leghista, possano fare di peggio. Nel meridione, nonostante i dati delle indagini OCSE-PISA, si raggiungono livelli di assoluta qualità didattica, anche in un sistema centralista del sapere nazionale, grazie all’abnegazione e alla passione di Professori e Dirigenti Scolastici, che con le loro competenze riescono a supplire qualche inefficienza, sempre presente in qualsiasi attività umana. Le parlo per esperienza diretta, viste le mie attività didattiche e divulgative sull’ innovazione tecnologica, ideate dalla stupenda terra di Sicilia, e che coinvolgono centri di eccellenza tecnologica anche della sua regione, come Veneto Nanotech con sede a Padova, la cui collaborazione con il mio blog “Dieci alla meno nove” dura ormai da diversi anni (http://www.venetonanotech.it/it/news-eventi/nanotecnologie-news/ ), o come INCA (consorzio Interuniversitario Nazionale Chimica per l’Ambiente ) con sede a Venezia, di cui mi onoro essere autore della rivista ufficiale GREEN (http://www.incaweb.org/green/news/text/news0049.htm ). A volte le dinamiche di ricerca didattica ci portano ad interfacciarsi con centri di ricerca che non sono residenti nella provincia o regione di operatività, a volte, in un contesto di globalizzazione, anche l’intero territorio nazionale ci può andare stretto. Di conseguenza una parcellizzazione del sapere, da nazionale a comunale, potrebbe avere riscontri di non facile previsione, nonostante l’organizzazione della migliore delle reti scolastiche possibile. Concludo con un semplice ragionamento, il Veneto e altre regioni limitrofe, come il Trentino, che Lei riporta sempre come esempio di sussidiarietà efficiente, qualche decennio fa, si sono lasciati scappare una delle migliori competenze italiane nel settore della microelettronica, quella di Federico Faggin ( progettista del primo microprocessore INTEL 4004 ), che ha fatto le fortune della INTEL e di tutta l’informatica statunitense, forse una maggiore sinergia nazionale, nel riconoscimento delle professionalità tecnico scientifiche, ci avrebbe fatto guadagnare diverse decine di punti di PIL, con buona pace del titolo V.
Aldo Domenico Ficara
aldodomenicoficara@alice.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Postato il Domenica, 01 gennaio 2012 ore 10:30:06
http://www.aetnanet.org/catania-scuola-notizie-246865.html
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Gianni Zen risponde a Aldo Domenico Ficara
Riporto con piacere la cortese risposta, inviatami per e-mail, dal Preside Gianni Zen. Convinto che la condivisione di idee e riflessioni sia il giusto carburante per costruire processi innovativi sulla trasmissione del sapere nella scuola del prossimo futuro, auspico strette collaborazioni di intenti, prive di sterili polemiche da entrambe le parti, tra Docenti e Dirigenti Scolastici di buona volontà, come tra nord e sud della nostra amata Italia. Di seguito ho trascritto la mail del Preside Gianni Zen:
“ Caro professore, grazie della sua riflessione. Che mi ha fatto riflettere. Io mi sono convinto che la nostra scuola deve uscire dal cono d’ombra statale, nel senso di una democrazia sostanziale, centrata sul rapporto diretto tra cittadini e istituzioni. Qui, per citare alcuni esempi, il modello tedesco della regionalizzazione o quello svedese degli enti locali direttamente responsabili ci dovrebbero dire cose importanti. Finché si invoca lo Stato lontano si giustificano anche le contraddizioni da lei evidenziate e che condivido. Non sono leghista, tanto per capirci e conosco eccellenze anche in Sicilia. Però non possiamo più lasciarle alla buona volontà ma estendere, con verifica incrociata, il diritto e dovere della responsabilità personale. A proposito della Sicilia, io sono un appassionato studioso di don Sturzo, ed ancora oggi, anche sulla scuola, potrebbe dirci cose interessanti….. Il problema, per ritornare a noi, è che siamo nel bel mezzo di una rivoluzione che cambierà radicalmente stili di vita ecc. Per cui anche la scuola dovrà adeguarsi, per essere sempre più “ servizio pubblico “. Appunto “ servizio pubblico “, cioè scuola di Stato, e lo Stato siamo noi, cioè la scuola delle comunità locali. Le quali devono anche dire le cose che vanno e non vanno. E tutti sappiamo che i docenti a scuola non sono tutti uguali, e che le scuole non sono tutte buone. Ho visto le critiche che mi sono piovute addosso: è possibile che i docenti parlino solo dei docenti, mentre la scuola è per gli studenti, e noi siamo al loro servizio, come gli ospedali non sono dei medici e le procure e i tribunali non sono dei magistrati…? Sono finiti certi tempi, ed altre stagioni si stanno aprendo …. Con cordialità. Gianni Zen”