di Lucio Ficara 27 novembre 2012 Caro
presidente Monti, ma da quale pulpito viene la predica? Lei che è assorto nel
ruolo di primo ministro senza un voto democratico del popolo sovrano, ma perché
cooptato per volontà del Quirinale, come
può dire che i docenti della scuola italiana sono una categoria corporativa? È
come dare ragione al vecchio adagio che afferma: “ il bue dice cornuto
all’asino”.
È un modo di dire molto usato nel
linguaggio comune per mettere in risalto un difetto altrui, tralasciando
completamente che il primo a possederlo
è proprio chi lo vuole sottolineare nell’altro. L’Italia, caro presidente
Monti, è tutta corporativa, affiliata e associativa, ma mi creda, non esiste
eccezione alcuna, compreso il governo che sta cercando, a nostre spese, di
tirarci fuori dal pantano in cui ci troviamo. Comunque la si voglia pensare ,
quella dei docenti è la categoria meno corporativa che ci sia. Se la scuola e i
suoi docenti fossero veramente corporativi come si spiega il massacro che hanno
subito, in particolar modo, negli ultimi quattro anni? Come si possono spiegare
i tagli di risorse economiche di oltre 8 miliardi di euro e i 150mila tagli di
organici avvenuti quando al Miur era insediata il ministro Gelmini? Come sono
spiegabili i risparmi di spesa fatti sulla pelle dei precari, dei docenti
inidonei , previsti nella spending review? Come si spiegano i blocchi
contrattuali e quelli degli scatti di anzianità? Ma di quale corporazioni
parla, Senatore Monti? La ribellione al provvedimento unilaterale dell’aumento
dell’orario di servizio da 18 a 24 ore settimanali, a parità di stipendio, non
è corporativismo, ma rispetto delle regole e delle norme contrattuali.
Piuttosto , capovolgendo il proverbio del bue e dell’asino, noi docenti come
muli da lavoro le diciamo che, le corna stanno nella testa del bue e che le
vere corporazioni non sono quelle fatte da animali da soma ma da quelli che
hanno le corna e fanno finta di non averle.