Enrico Maranzana
La situazione della scuola è sotto gli occhi di tutti; sorprendente il fatto che nessuno si curi d’individuare i responsabili del disservizio. Tra questi risaltano:
· I docenti che hanno nei libri di testo il loro Vangelo.
In essi trovano sicurezza, sicurezza contrapposta all’ansia indotta da una nuova professionalità fondata sulla progettazione, sull’ideazione di percorsi su terreni inesplorati. Eppure, per ridar credibilità e incisività al servizio, sarebbe sufficiente far emergere, finalizzare e coordinare parte della loro ordinaria operatività.
· I dirigenti scolastici che difendono a oltranza lo stantio modello organizzativo gerarchico: l’essere al vertice della struttura di comando è gratificante.
La loro responsabilità primaria sarebbe quella di orientare gli organismi di governo alla progettazione di itinerari finalizzati al conseguimento della finalità del sistema: la promozione e il consolidamento delle capacità e delle competenze degli studenti;
· I sovraintendenti scolastici e i ministri dell’istruzione che non hanno onorato il punto più qualificante del mandato loro conferito: governare l’attività delle scuole affinché fluisca nell’alveo istituzionale;
· La scuola nel suo complesso che si rifiuta di progettare[i], impermeabile ai dettami delle scienze dell’organizzazione.
Quante barricate sono state erette per impedire l’ammodernamento della scuola! Un conflitto tra visioni antitetiche iniziato negli anni settanta del secolo scorso.
Il diverso punto di vista da cui si osserva l’istituzione è all’origine della contrapposizione tra merito e feedback mostrata in figura: da un lato una visione generica e astratta, dall’atro lato la conoscenza approfondita dei processi scolastici.
La questione “merito” è inscindibile dal contesto di riferimento: l’individuazione dei soggetti che si sono distinti per le loro prestazioni implica l’esistenza di richieste ben formulate da parte dell’organizzazione di cui essi sono parte.
Questa è la chiave di volta: l’introduzione del merito nella scuola potrebbe rappresentare un’opportunità per elevare la qualità complessiva del servizio, miglioramento reso possibile dalla modellazione del quadro di riferimento.
Modello che non può prescindere dal feedback: i decreti delegati del 74 l’hanno introdotto, prescrivendo al Collegio dei docenti di “valutare periodicamente l'andamento complessivo dell'azione didattica per verificarne l'efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell'attività scolastica”.
Se la norma fosse stata applicata le scuole avrebbero
Ø esplicitato i traguardi in termini di risultati attesi;
Ø individuato gli stati dei processi su cui istituire il controllo;
Ø ideato le modalità d’osservazione degli esiti;
Ø realizzato degli strumenti d’indagine;
Ø effettuato rilevazioni;
Ø valutato gli scostamenti obiettivi-risultati e individuato le cause;
Ø rimosso le causa dell’inefficacia.
Il feedback è il timone del governo della scuola, essenziale a tutti i livelli decisionali, da cui l’architettura introdotta e progressivamente raffinata dalla legge:
i Ne dovrebbe conseguire che i POF “elaborati dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto” siano da concepire come l’ambito in cui si enunciano, elencandoli, gli obiettivi formativi e gli obiettivi educativi:
Ø competenze generali che gli studenti devono saper esercitare al termine del ciclo di studio. Sono “elaborate e adottate” dal Consiglio di Istituto che presiede il rapporto scuola-società;
Ø capacità che le competenze generali presuppongono. Sono identificate dal Collegio dei docenti, in quanto responsabile della “programmazione dell’azione educativa”.
Negli archivi del ministero è presente una traccia d’un percorso che conduce all’ideazione del POF, ipotesi riformulata in “La promozione delle competenze” visibile in rete.
I POF, per garantire la trasparenza delle attività scolastiche, oltre all’indicazione delle competenze generali e delle capacità devono precisare le modalità di monitoraggio dell’attività di progettazione: sono da sono specificate i nodi su cui si costituiscono i feedback e sono da indicare le forme di socializzazione degli esiti del controllo.
Un’ipotesi di soluzione è visibile in rete nello scritto “Coraggio! Organizziamo le scuole”.
I politici e gli esperti che auspicano l’introduzione del merito nella scuola hanno commesso l’errore di cui si è detto: hanno elaborato la loro proposta senza tener conto della natura del servizio scolastico. Essi considerano i premi e la competizione come leve essenziali per l’innalzamento della qualità del servizio.
Un’idea assurda, traslata acriticamente dal mondo economico: i meccanismi di precisione che governano la gestione scolastica sono calpestati, l’oggetto dei mandato conferito alle scuole è banalizzato, la funzione docente è umiliata.
Un’ipotesi che cestina il pensiero aristotelico “Il tutto è più della somma delle sue parti”, una proposta che ignora il concetto “sinergia”, elemento portante della cultura contemporanea.