Maria Rosa - 25 aprile 2013
Desidererei fare una disamina, dal mio punto di vista, di tutta questa stigmatizzazione delle prove Invalsi. Le argomentazioni riportate da quelli che immagino siano la maggior parte dei miei colleghi docenti, si possono riassumere in questi punti:
- le prove volute da un ente di valutazione esterno alla scuola sono al servizio del Miur che vuole valutare per discriminare i finanziamenti;
- le prove Invalsi sono al servizio dell’Ocse “l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, quella che stila le classifiche sui livelli d’istruzione dei diversi paesi” e come tale avrebbe il compito di razionalizzare le spese per l’istruzione;
- le prove sono dei quiz a crocette che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo critico della personalità dell’apprendente;
- i docenti verrebbero obbligati ad “addestrare” i propri studenti in funzione del superamento di queste prove;
- ai docenti infine si richiede un surplus di lavoro non pagato e, dal loro punto di vista, inutile.
A fronte di queste affermazioni io porrei un solo quesito: prima di fare montare questa valanga di dinieghi sulla somministrazione delle prove, quanti collegi dei docenti si sono attivati per una disamina approfondita sui test stessi? Quanti docenti saprebbero contestare nello specifico, a partire cioè da alcuni di questi test, l’efficacia di ciò che viene richiesto, la coerenza con quanto gli alunni dovrebbero avere appreso nelle classi di riferimento, la congruenza docimologica dei test stessi?
La finalità ultima delle prove invalsi non mi sembra sia quella di “castigare” né gli alunni né i docenti, bensì quella di focalizzare gli eventuali punti deboli non tanto nella preparazione degli allievi ma nelle modalità delle proposte didattiche dei docenti.
Perché non c’è dubbio che (a giudicare da una serie di monitoraggi e osservazioni condotte finora ) ci sono ancora in uso molte metodologie didattiche obsolete e non efficaci che insistono su modalità desuete da decenni nella scuola italiana.
Ovviamente non tutte le scuole hanno di questi problemi, ma alcuni li hanno. E allora non sarebbe bene prenderne atto e aiutare quelle scuole o quelle singole classi a funzionare meglio? A sviluppare modalità di apprendimento che permettano a tutti di raggiungere gli stessi obiettivi?
Tra l’altro, cosa che non emerge in nessuno dei post che ho letto, è che i risultati restituiti alle scuole e il cui accesso è riservato esclusivamente alle singole scuole e non pubblicizzato, serve per attuare una comparazione con la valutazione interna della scuola stessa (valutazione periodica quadrimestrale, trimestrale, o del singolo docente in itinere) per individuare meglio i punti di debolezza o anche di forza nell’apprendimento degli studenti.
E sarà proprio da questo confronto che potranno emergere possibili percorsi di miglioramento. Negando il problema si nega anche la sua risoluzione. Almeno così mi pare.
http://blog.iodonna.it/scuola/2013/04/23/perche-sciopero-contro-i-test-invalsi/
Desidererei fare una disamina, dal mio punto di vista, di tutta questa stigmatizzazione delle prove Invalsi. Le argomentazioni riportate da quelli che immagino siano la maggior parte dei miei colleghi docenti, si possono riassumere in questi punti:
- le prove volute da un ente di valutazione esterno alla scuola sono al servizio del Miur che vuole valutare per discriminare i finanziamenti;
- le prove Invalsi sono al servizio dell’Ocse “l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, quella che stila le classifiche sui livelli d’istruzione dei diversi paesi” e come tale avrebbe il compito di razionalizzare le spese per l’istruzione;
- le prove sono dei quiz a crocette che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo critico della personalità dell’apprendente;
- i docenti verrebbero obbligati ad “addestrare” i propri studenti in funzione del superamento di queste prove;
- ai docenti infine si richiede un surplus di lavoro non pagato e, dal loro punto di vista, inutile.
A fronte di queste affermazioni io porrei un solo quesito: prima di fare montare questa valanga di dinieghi sulla somministrazione delle prove, quanti collegi dei docenti si sono attivati per una disamina approfondita sui test stessi? Quanti docenti saprebbero contestare nello specifico, a partire cioè da alcuni di questi test, l’efficacia di ciò che viene richiesto, la coerenza con quanto gli alunni dovrebbero avere appreso nelle classi di riferimento, la congruenza docimologica dei test stessi?
La finalità ultima delle prove invalsi non mi sembra sia quella di “castigare” né gli alunni né i docenti, bensì quella di focalizzare gli eventuali punti deboli non tanto nella preparazione degli allievi ma nelle modalità delle proposte didattiche dei docenti.
Perché non c’è dubbio che (a giudicare da una serie di monitoraggi e osservazioni condotte finora ) ci sono ancora in uso molte metodologie didattiche obsolete e non efficaci che insistono su modalità desuete da decenni nella scuola italiana.
Ovviamente non tutte le scuole hanno di questi problemi, ma alcuni li hanno. E allora non sarebbe bene prenderne atto e aiutare quelle scuole o quelle singole classi a funzionare meglio? A sviluppare modalità di apprendimento che permettano a tutti di raggiungere gli stessi obiettivi?
Tra l’altro, cosa che non emerge in nessuno dei post che ho letto, è che i risultati restituiti alle scuole e il cui accesso è riservato esclusivamente alle singole scuole e non pubblicizzato, serve per attuare una comparazione con la valutazione interna della scuola stessa (valutazione periodica quadrimestrale, trimestrale, o del singolo docente in itinere) per individuare meglio i punti di debolezza o anche di forza nell’apprendimento degli studenti.
E sarà proprio da questo confronto che potranno emergere possibili percorsi di miglioramento. Negando il problema si nega anche la sua risoluzione. Almeno così mi pare.
http://blog.iodonna.it/scuola/2013/04/23/perche-sciopero-contro-i-test-invalsi/