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E' nella mente del ministro Carrozza, attuare una stagione di riforme del nostro sistema scolastico. Il problema di queste riforme è principalmente quello di comunicarlo e farlo digerire all'opinione pubblica. Si teme una rivolta generale del mondo sindacale, delle associazioni professionali e dei movimenti studenteschi, tali da minare la stabilità dello stesso governo Letta.
Vi invitiamo a leggere l'articolo scritto da due esponenti dell'esecutivo degli unicobas., per comprendere le strategie governative, messe in campo nel chiuso delle stanze del palazzo. Servirebbe confronto e dibattito e non chiusura e presunzione.
Nuovo governo, vecchie le strategie: come accaduto con la legge Aprea nella scorsa legislatura, si tenta ora di far approvare in tempi brevi e senza dibattito parlamentare una legge che annichilisce gli organi collegiali, il reclutamento e lo stato giuridico dei docenti.L’otto novembre il Ministro Carrozza ha presentato al Consiglio dei Ministri una bozza di legge delega, collegata alla legge di stabilità (e quindi non sottoponibile neppure a referendum abrogativo), con cui si affiderebbe al governo il compito di adottare “uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riassetto ed alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca”.
Tra le materie oggetto di tale “riassetto” (praticamente tutte) sono presenti: il reclutamento del personale, gli organi collegiali, lo stato giuridico e il trattamento economico del personale della scuola.
Per quanto attiene al reclutamento del personale scolastico, si specifica chiaramente l’esigenza di una sua riforma organica “anche attraverso il ricorso al corso-concorso per l’accesso all’insegnamento presso le istituzioni scolastiche”, vale a dire una riforma del reclutamento che apre definitivamente la strada alla cosiddetta “chiamata diretta” degli insegnanti da parte del dirigente scolastico, una via già tentata nello scorso anno dall’on. Aprea in veste di assessore all’istruzione della regione Lombardia e contro cui si è scagliato unanime il dissenso del mondo della scuola, consapevole del rischio per il nostro sistema di istruzione pubblico di non essere più in grado di garantire il rispetto del principio del merito nella scelta degli insegnanti, e di vedere sacrificate anche le scuole pubbliche alle logiche del clientelismo locale.
Per quanto riguarda la riforma degli organi collegiali, si parla di “mantenimento delle sole funzioni consultive” ed è quindi evidente la volontà di una modifica sostanziale all’attuale normativa con la definitiva rinuncia al principio democratico della collegialità che, a partire dall’istituzione degli organi collegiali della scuola con i decreti delegati 416 e 417 del 1974 (tutt’ora vigenti), è stato posto a fondamento irrinunciabile per il buon funzionamento delle nostre istituzioni scolastiche e con il sacrificio definitivo del principio della libertà di insegnamento, garantito dalla Costituzione, ed esercitato in particolare nell’ambito del Collegio dei docenti, attraverso il ruolo deliberante imprescindibilmente esercitato dagli insegnanti nella definizione degli obiettivi e delle scelte didattico-educative della scuola. Va da sé che anche il Consiglio di istituto perderebbe ogni prerogativa, venendo assoggettato anch’esso alla discrezionalità dei dirigenti scolastici.
Per quanto riguarda la riforma dello stato giuridico dei docenti (e di tutto il personale della scuola) è prevista “la precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale”; ciò permetterà illegittimamente al governo che, non dimentichiamolo, in questo caso è anche parte datoriale, di intervenire, senza alcuna mediazione, sul contratto di lavoro di docenti ed ata. Si tratta della definitiva privatizzazione del rapporto di lavoro, con l’eliminazione di ogni autonomia professionale e la totale subordinazione disciplinare, ancora una volta, alla discrezionalità dei dirigenti scolastici, secondo una logica aziendalista ed impiegatizia che nulla ha a che fare con una comunità educante e non mancherà di aprire la porta a forme di valutazione altrettanto discrezionali. Per i docenti, in particolare, tale normativa fa il paio con l’obbligo, disposto nell’altro decreto-scuola approvato da questo Governo, di assoggettarsi a corsi punitivi in ordine all’esito delle vergognose prove (a test) Invalsi.
Risulta evidente come, ancorando questo decreto legge alla legge di stabilità, il Ministro Carrozza stia cercando di sottrarre l’argomento all’attenzione dell’opinione pubblica, come tentò di fare la Commissione cultura della Camera nella scorsa legislatura quando, in occasione della discussione in Parlamento della legge che vedeva come prima firmataria l’On. Aprea, approvò il testo e, invece di metterlo all’esame del Parlamento, ne chiese “il trasferimento in sede legislativa” per stringere i tempi di approvazione. In quell’occasione fu la ferma opposizione espressa dal mondo della scuola nei confronti di un modus operandi (e di un dispositivo) profondamente antidemocratico ad ostacolare l’approvazione del provvedimento.
Ora il nuovo Ministro Carrozza (e con lei PD, PDL, Scelta Civica ed ‘”Alfaniani”) ci riprova e decide di chiedere delega al governo sull’intera materia scolastica, attraverso un disegno di legge collegato alla legge di stabilità (la stessa che, peraltro, prevede di estendere per altri 3 anni il mancato rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici nonché il blocco degli scatti stipendiali per il personale della scuola) e pertanto destinato ad un iter di approvazione breve e particolare e sicuramente ad una drastica sottrazione del merito al dibattito parlamentare, evidenziando così in maniera definitiva l’intenzione di questo governo di operare in perfetta armonia rispetto ai precedenti in materia di politica scolastica.
Di tutt’altra natura sono gli interventi di cui in questo momento il nostro sistema di istruzione ha bisogno: necessita infatti di essere adeguatamente rifinanziato, dopo i drastici tagli degli ultimi anni (8,5 miliardi di euro con l’intonsa controriforma Gelmini), per allineare gli investimenti dell’Italia a quelli degli altri paesi dell’OCSE e non certo di altro minimalismo al ribasso (riduzione dei licei a 4 anni), come quello che ha già investito la Primaria, le Medie e la Secondaria di secondo grado che ha avuto il deprecabile effetto di sottrarre alla scuola più di 130 mila unità in organico, ma anche di depotenziare e dequalificare l’intero sistema di istruzione italiano e facendolo precipitare in coda alle classifiche internazionali.
p. l’Esecutivo Nazionale dell’Unicobas Scuola
Stefano d’Errico e Letizia Bosco
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