di Albero Baccini
20 dicembre 2013
Uno
spettro si aggira per la redazione del Corriere e di alcuni blog economici. Non
è il comunismo, ma una commissione di esperti a cui spetterà il compito di
selezionare la rosa di candidati per la nuova presidenza dell’INVALSI. Da dove
viene il pericolo? Forse che non si tratta di esperti, ciascuno nel suo campo?
Gli strepiti degli editorialisti sono dovuti al fatto che alcuni di quei nomi non
sono perfettamente in sintonia con il “comitato di salute pubblica” che in
questi anni ha imposto una “rivoluzione dall’alto” della scuola e
dell’università dettando l’agenda in fatto di valutazione a governi (non
importa se berlusconiani o PD) che hanno rinunciato ad averne una propria. Ma
al di là dei fanatismi ideologici, cosa si può dire delle valutazioni INVALSI
dal punto di vista metodologico e quali sono le criticità che richiederebbero
un cambiamento di rotta?
1.Un recente provvedimento
della Ministra Carrozza ha subito un fuoco di fila impressionante: due
editoriali sul Corriere (qui e qui), il rilancio sulblog
di un senatore, unpost sul la voce.info, etc. etc. Oggetto
del provvedimento, udite udite, la nomina di una commissione di esperti il cui
compito, udite udite, è selezionare, a seguito di una procedura ad evidenza
pubblica, il nuovo presidente di INVALSI, l’organismo di valutazione delle scuole
italiane. Di quale nefandezza si sono macchiati questi esperti?Forse che non si
tratta di esperti, ciascuno nel suo campo?No, la colpa di alcuni membri della
commissione, in particolare del prof. Giorgio Israel, è di avere espresso
posizioni critiche sui processi di valutazione messi in atto da INVALSI negli
anni passati.La sola presenza di Israel e l’assenza di economisti
dell’educazione e statistici potrebbe affossare l’eccellente lavoro fatto da
INVALSI fino ad oggi. Perché una tale levata di scudi su questo provvedimento?
2.INVALSI soffre
dell’ambiguità propria della via italiana alla valutazione che gli osservatori
più attenti hanno più e più volte rilevato in relazione ad ANVUR. Non c’è una
netta separazione tra attività tecnica di valutazione e indirizzo politico del
sistema dell’istruzione. INVALSI ha subito una torsione che lo ha
trasformato da ente di ricerca strumentale rispetto alle esigenze conoscitive
del MIUR – secondo quanto previsto dalla norma istitutiva -, in una “agenzia”
di valutazione con compiti diretti di indirizzo, e di valutazione individuale
di studenti e, in prospettiva, di docenti. In particolare negli ultimi anni
INVALSI ha sistematicamente applicato strumenti ancora in fase di
sperimentazione o consolidamento in procedure valutative formalizzate ed
amministrativizzate, ad esempio dei risultati dell’esame per il terzo anno
della scuola secondaria di primo grado. Immancabilmente la retorica che
accompagna il tutto è quella della superiorità delle misure oggettive,
contrapposte alla valutazione degli umani (gli insegnanti). In analogia a
quanto accaduto per la bibliometria fai-da-te della VQR, i risultati delle
valutazioni INVALSI non sono stati soggetti a validazione da parte di una ampia
comunità scientifica, sono spesso per loro natura non-replicabili e soggetti a
restrizioni nella divulgazione (fatta salva un ristretta cerchia di amici, che
può accedere a dati riservati per pubblicazioni anch’esse non replicabili,
perché i dati di partenza non sono disponibili). Anche per INVALSI la complessa
comunità di riferimento – insegnanti, famiglie, osservatori etc. – non
accetta né condivide modalità e forme in cui è attuata la valutazione.
Sotto la spinta del
dimissionario (prima commissario e poi) presidente Paolo Sestito, le attività
di INVALSI si sono indirizzate decisamente verso la costruzione di strumenti
per la valutazione del singolo discente, integrative o addirittura sostitutive
del giudizio dei docenti. Secondo Sestito la prova del 5° anno della secondaria
superiore è pensata per offrire all’alunno«un elemento non solo valutativo
delle sue competenze inseribile nell’esame di stato, ma anche un elemento
orientativo e selettivo per la scelta e l’accesso all’università».
Secondo Elena Ugolini, ex-sottosegretario che ha lavorato alla definizione del
regolamento sul sistema nazionale di valutazione, le prove INVALSI hanno
l’obiettivo di permettere di risparmiare sui costi dell’esame di stato
(Italiaoggi 16/4/2013: http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/sperimentazione-invalsi-al-via.flc).
Questa impostazione del problema, d’altra parte, è già presente nel documento
di indirizzo per le attività di INVALSI (Ichino, Checchi e Vittadini 2008) caratterizzato
dalla retorica del benchmarking, dalla competizione tra scuole e dagli
incentivi/punizioni agli insegnanti. E nel libro di Andrea Ichino e Daniele
Terlizzese, la parabola dello studente desideroso di accedere ad un prestito
per finanziarsi l’università inizia proprio con l’impegno dello studente che si
prepara a superare i test INVALSI per accedere al prestito.
3.La valutazione, tanto più
nelle scuole primaria e secondaria, dovrebbe essere indirizzata a una
ricognizione attenta dei punti di forza e debolezza del sistema. L’obiettivo
principale della valutazione dovrebbe essere la predisposizione di informazioni
corrette al ministro e al parlamento in vista dell’adozione di interventi di
policy adeguati agli obiettivi; e dovrebbe fornire informazioni agli attori del
sistema (dirigenti, insegnanti) per il miglioramento progressivo delle performance.
La valutazione dovrebbe restare fuori dalle procedure amministrative che
riguardano i singoli studenti e i singoli insegnanti, tanto più che, lo ripeto,
al momento non abbiamo certezza che gli strumenti utilizzati siano
scientificamente validati e non sappiamo neanche se la rispondenza agli
standard adottati nelle comunità scientifiche internazionali di riferimento (su
Scopus sono registrare appena 18 pubblicazioni con un totale di 20 citazioni –a
luglio 2013- riferibili a ricercatori affiliati INVALSI) sia rispettata.
Da questo punto di vista la
diffusione di informazioni sui risultati delle singole scuole a studenti e
famiglie sarebbe uno strumento prezioso per il miglioramento del sistema
restituendo a insegnanti, alunni e famiglie la centralità che spetta loro. L’idea
di fondo è che un sistema di informazione trasparente è la pre-condizione
perché gli attori della scuola (dirigenti, insegnanti, personale tecnico
amministrativo, studenti) si sentano responsabili dei risultati raggiunti, ed
agiscano in vista di un miglioramento del sistema. La diffusione delle
informazioni non è funzionale alla libertà di scelta, alla competizione tra
scuole – come sostengono molti, dimenticando che le famiglie molto spesso non
hanno a loro disposizione un menù di scuole tra cui scegliere, specialmente se
vivono in centri piccoli e piccolissimi. La diffusione delle informazioni sulla
valutazione è lo strumento principale per il miglioramento del sistema. Solo
se sono chiare le regole di ingaggio – le valutazioni non saranno utilizzate
per valutare i singoli –, esse potrebbero essere rese pubbliche ad un
elevato livello di disaggregazione, dando luogo ad un circolo virtuoso per cui
informazioni trasparenti determinano responsabilità chiare degli attori e loro
impegno al miglioramento. Sono molto scettico sull’efficacia delle
premio-punizioni economiche nel mondo della scuola, dove è invece centrale
recuperare la motivazione e l’impegno degli insegnanti.
4. Mi scuso con i lettori,
mi sono fatto prendere la mano. Non di queste modificazioni del sistema di
valutazione si è occupata la ministra Carrozza. Si è limitata a indicare cinque
nomi per una commissione che dovrà scegliere il presidente INVALSI. Gli
strepiti degli editorialisti sono dovuti al fatto che alcuni di quei nomi non
sono allineati con il credo dominante degli ultimi anni in fatto di valutazione.
La colpa della ministra è di avere scelto persone non perfettamente in sintonia
con il “comitato di salute pubblica” che in questi anni ha imposto una “rivoluzione dall’alto” della scuola e
dell’università dettando l’agenda in fatto di valutazione a governi (non
importa se berlusconiani o PD) che hanno rinunciato ad averne una propria. Il
cattivo disegno delle istituzioni – come più volte abbiamo scritto in
riferimento ad ANVUR – rende necessario il controllo ferreo preventivo delle
persone chiamate a governare le agenzie di valutazione, perché solo in questo
modo è possibile definirne l’indirizzo. Ecco perché la piccola élite
strepita. La ministra ha finalmente dato un segnale positivo. Confidiamo che i
cinque prescelti facciano al meglio il loro lavoro. Non nascondo
tuttavia il mio maggiore timore: che questo segnale finisca solo
per placare gli ambienti sindacali e della scuola ostili alla “deriva
aziendalistica”, e a legittimare ai loro occhi il nuovo presidente INVALSI. Senza
però che nulla cambi.
http://www.roars.it/online/invalsi-la-piccola-elite-e-la-rivoluzione-dallalto/