Lettera aperta al prof. Tito Boeri
di Vincenzo Pascuzzi - 31 maggio 2014
Il motivo di questa lettera è quello di arrivare alla fonte della affermazione relativa alla “oggettività” dei quiz Invalsi. Su tale dichiarata (e presunta) oggettività trovano fondamento molti ragionamenti, affermazioni, conclusioni, posizioni dialettiche sostenute con convinzione da chi afferma la bontà e l’utilità dei test. L’oggettività dei test Invalsi infatti costituisce una specie di postulato cioè un’affermazione non dimostrata né dimostrabile. Se tale postulato viene riconosciuto fasullo bisognerà rivedere tutto - o molto - riguardo all’Invalsi e riconsiderare le modalità della valutazione.
Perché la lettera è indirizzata a Tito Boeri? La oggettività dei test era stata dapprima evidenziata e contestata a Corrado Augias (*), che però aveva schivato la domanda rispondendo: “Mi fido delle osservazioni e dei cambiamenti suggeriti dal prof Tito Boeri che stimo – se le prove sono valide in buona parte d’Europa perché da noi no?” Da qui la chiamata in causa del prof Boeri con l’auspicio che non indichi una ulteriore terza persona …. di cui lui stesso ciecamente si fida, a sua volta!
Oltre la presunta oggettività, ci sono altri aspetti caratteristici Invalsi sui quali bisognerà discutere e confrontarsi.
È ancora Tito Boeri, nell’articolo “La rivolta dei ragazzi contro i quiz a scuola” (la Repubblica, 15 maggio 2014) che riconosce alcune criticità della valutazione Invalsi, fino ad ammettere, ma a denti stretti (così pare) che “Questo non vuol dire che i test Invalsi non siano perfettibili. Tutti i test lo sono …. “. Ma questa ammissione è una prima e minima conseguenza delle azioni di contrasto e di protesta, che peraltro vengono criticate a priori, senza ricercarne le cause, né verificarne la fondatezza. L’Invalsi, dal suo canto, tace e sfugge.
Ancora, tre anni prima nel 2011, il prof Boeri concludeva il suo articolo “Cari prof, studenti, genitori essere valutati non è ‘umiliazione’” (la Repubblica, 30 maggio 2011) con la seguente frase: “Le reazioni al mio intervento su Repubblica comunque dimostrano che l'Invalsi (e il ministro che in questi mesi si è impegnata soprattutto a difendere la condotta non solo diurna del nostro presidente del consiglio) abbiano fatto di tutto per non informare gli insegnanti. Molte delle domande che sono state poste al sottoscritto, andrebbero in effetti girate all'Invalsi. Mi auguro che molti di coloro che mi hanno scritto, cambino il destinatario e che l'Invalsi dedichi a queste richieste di chiarimento la dovuta attenzione.”
Da allora sono cambiati quattro ministri (Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini) e due presidenti Invalsi (Sestito e Ajello), ma nessuna risposta diretta o indiretta è venuta, nessuno spiraglio di dialogo o confronto si è aperto.
Anche la Flc di Mimmo Pantaleo ha scritto: “Basta con i test INVALSI. Bisogna sospenderli e aprire una discussione ….” (Comunicato stampa del 15 maggio 2014). Poco prima, il prof Giorgio Israel aveva ribadito che “Un ente di valutazione deve essere una casa di vetro” (17 febbraio 2014).
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(*)LA FALSA "OGGETTIVITÀ" DELLE PROVE INVALSI.
Lettera aperta a Corrado Augias - 30.5.2014
Gentile Corrado Augias,
anche lei “che rasenta il mondo della scuola grazie ai ragazzi della famiglia” è stato indotto in errore ed ha preso per buona la propagandata “oggettività” delle prove, o test, o quiz Invalsi. In realtà, l’oggettività non è tale, non può esserlo perché riferita a una qualità (l’apprendimento) e non a una quantità!
È stata l’insistente e spietata propaganda dell’Invalsi a instillare in buona parte dell’opinione pubblica (compresi alcuni docenti e presidi) l’esistenza di alcune false verità, quali: l’oggettività delle prove, appunto, la possibilità di misurare il sapere (o le conoscenze, o le competenze), la paura occulta che avrebbero i docenti di essere anch’essi valutati-misurati, il fatto che in tutt’Europa tutti misurano scuole, studenti, docenti proprio con modalità identiche o simili a quelle dell’Invalsi. La rete internet, più che i quotidiani, confermano quanto qui sintetizzato. Di seguito alcuni link recenti.
Peraltro, chiunque è in grado di riconoscere che scegliere la domanda di ogni singolo test, formulare 4 risposte chiuse, assegnare un peso al test, stabilire un determinato tempo per la risposta, ecc. sono tutte operazioni squisitamente soggettive (quindi non oggettive) anche se effettuate con l’ausilio di raffinati algoritmi statistici. Del resto, è l’Invalsi stesso che si guarda bene dal proporre una seconda prova a conferma, o meno, dei risultati della prima. È ancora l’Invalsi ad essere evasivo in ordine al valore di “sufficienza” per i risultati delle prove. Ci conferma grossomodo che il Nord va meglio del Sud, ma non dice se il Sud è almeno sufficiente, né se lo è anche il Nord!
A ulteriore conferma, anche la prof. Simonetta Rossi – alla cui lettera lei risponde sulla Repubblica di oggi – fa riferimento a un 50% che indica proprio un livello medio in termini statistici.
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BASTA UN TEST A VALUTARE SCUOLA E PROF?
di Simonetta Rossi – la Repubblica – 30 maggio 2014 - pag. 32
Gentile Augias, giorni fa avete pubblicato la lettera di un docente di Cagliari, che si qualifica appartenente al sindacato Cobas, che ha definito le prove Invalsi una valutazione fatta «con quiz e indovinelli» e «con crocette». L'idea era che queste prove equivalgano ai quiz televisivi. Non è così. Ad esempio, la capacità di lettura viene valutata su quelle che sono ritenute le competenze di base per capire ciò che si legge. In un Paese in cui più del 50% degli adulti non capisce un testo leggermente più complesso delle comunicazioni quotidiane, mi pare doveroso che la scuola lavori su questo. Non credo che alcuni docenti lo abbiano capito, tantomeno che lo abbiano fatto capire ad alunni e famiglie. Certamente tutto è perfettibile, ma se non accettiamo che i nostri alunni siano valutati anche da componenti esterne alla propria scuola, di fatto ammettiamo di non aver saputo offrire loro quello per cui siamo stati assunti.
Simonetta Rossi - Insegnante, Roma
LA RISPOSTA DI CORRADO AUGIAS
La mia opinione di cittadino che rasenta il mondo della scuola grazie ai ragazzi della famiglia, è che una prova "oggettiva" come quella dei test Invalsi serva, quanto meno, a dare un quadro generale dello stato di salute dell'istruzione. Potrebbe anche servire a valutare singole scuole o docenti, un discorso delicato che forse spiega i timori del prof cagliaritano. Il quale comunque sbaglia a definire «crocette» quelle prove. Mi scrive Roberto Falciani, anch'egli insegnante (Pian di Scò, AR): «I test vanno sicuramente meglio calibrati — ed es., quelli per la 2° elementare sono in genere troppo difficili, soprattutto per il linguaggio — ma sono assolutamente da mantenere! Credo che i sostenitori dell'abolizione abbiano motivi reconditi (e non edificanti) dietro le loro polemiche». Anche il professore Tito Boeri, in un intervento su questo giornale (15 maggio scorso) ha espresso l'opinione che i test siano da mantenere anche se vanno migliorati: «Una valutazione fatta seriamente ha inevitabilmente dei costi, ma anche grandi benefici per le famiglie e per chi deve gestire risorse limitate nel tentativo di ridurre le criticità del nostro sistema formativo ». Aggiungeva Boeri: «Il nostro sistema scolastico permette alle famiglie, soprattutto nelle grandi città, di scegliere la scuola a cui iscrivere i propri figli. Ci sono vincoli in questa scelta, ma molto meno che in altri Paesi, dove l'iscrizione è dettata unicamente dalla residenza. Questa maggiore possibilità di scelta dovrebbe fondarsi su informazioni adeguate sul valore aggiunto offerto dai diversi istituti alla formazione di chi si prepara per il mondo del lavoro. Per questo i test Invalsi dovrebbero essere condotti anche per l'ultimo anno delle scuole superiori». Il che potrebbe anche portare a rimediare dove c'è chi fa male questo delicatissimo lavoro.
CORRADO AUGIAS c.augias@repubblica.it Twitter @corradoaugias