Cinque
criticità nel confronto con agli altri sistemi scolastici europei
- La
figura del docente in ogni ordine di scuola, Università compresa
Oggi
in Italia la funzione docente è diventata quasi prevalentemente impiegatizia;
l’insegnante italiano è, tra tutti quelli europei, quello che scrive di più! Verbali
di ogni sorta, progetti, piani di lavoro, ecc …: non c’è l’equivalente altrove!
Il carico di responsabilità del docente italiano è imparagonabile a quello dei
suoi colleghi europei: altrove gli studenti si spostano da un’aula all’altra
(l’aula è una sorta di “ufficio” del docente, non è della classe) senza alcun
bisogno di “accudirli”; non vige la culpa
in vigilando prevista da un codice che risale agli anni Quaranta del secolo
scorso! Lo
spettro dei ricorsi è una paranoia tutta italica: altrove la magistratura
nemmeno si sogna di intervenire pesantemente su questioni di esclusiva
spettanza della scuola! La quantità di leggi e leggine, decreti e disposizione
è un altro monstrum tutto e solo
nostro: a quando un nuovo, essenziale Testo Unico? L’ultimo, superatissimo, ha
vent’anni e li dimostra tutti! Deburocratizzare e alleggerire una buona volta
il cumulo degli oneri che gravano sugli insegnanti devono essere le prime operazioni
per riscattare la centralità della didattica. Ancora:
solo in Italia non esiste, non è mai esistita una “carriera” per i docenti:
solo oggi se ne parla, ma ancora troppo timidamente. Non
funziona così in nessun altro Paese. Fare carriera solo e soltanto perché si
invecchia, finendo per privilegiare tra due docenti quello che per trent’anni è
rimasto inamovibile nella stessa scuola rispetto a chi ha maturato esperienze
all’estero, ha collaborato con Enti, Università, ha al suo attivo
pubblicazioni, ricerche, ecc.., è un’assurda anomalia tutta italiana! Da
ultimo – ma in realtà, questo è l’inizio : come si diventa docente in Italia e
come si diventa docente altrove? Oggi
dobbiamo “smaltire” (termine odioso) un’enorme quantità di precari per la
pluridecennale mancanza di un decente sistema di formazione e di arruolamento:
se non ci poniamo seriamente questo problema e non lo risolviamo sensatamente e
sistematicamente (non certo coi TFA e coi PAS!), il nostro sistema scolastico
resterà perennemente in crisi!;
- Il
grave equivoco della figura del Dirigente Scolastico
Non
più “Preside” (siamo i primi al mondo a rivoluzionare … la terminologia!), ma
davvero Dirigente? Qual è oggi il suo ruolo esatto? Sembrerebbe che di tale
figura si possa tranquillamente fare a meno, visti gli accorpamenti selvaggi,
le reggenze, ecc…, tranne poi assistere a non infrequenti deliri di onnipotenza
da parte di alcuni “personaggi” che peccano di autoritarismo perché difettano
di autorevolezza! Cos’è
oggi e cosa dev’essere essere nell’immediato domani il Capo di un’Istituzione
Scolastica? Un
primus inter pares o un superiore
gerarchico? Altrove
funziona tutto diversamente, a cominciare dall’arruolamento – sul quale molto,
troppo ci sarebbe da dire, alla luce del clamoroso fallimento degli ultimi
Concorsi “regionali”! – per proseguire coi compiti e coi poteri effettivi. Bisogna
decidersi una buona volta: leader didattico (con spiccate competenze in quel
campo); manager (?!), capoufficio – questa, temo, sia sinora la fisionomia prevalente
– o cos’altro? Smettiamola
una buona volta con un po’ di tutto e niente di qualcosa!
- La
governance della scuola
Da
noi vige l’assurda e asimmetrica dicotomia tra DS e DSGA, spesso con confusioni
di competenze e svariati problemi relazionali. Con
le recenti ventilate intenzioni legislative, spariscono l’esonero e il
semiesonero per i collaboratori vicari e si dà il colpo di grazia all’ipotesi
della costruzione di uno staff che
conduca collegialmente e sinergicamente l’istituzione scolastica, oggi invece quanto
mai indispensabile viste le dimensioni attuali di ciascuna di esse. Un
uomo (o una donna!) solo al comando non funziona da nessuna parte, men che meno
nella scuola! Altro
problema: la riforma degli organi collegiali, vecchi di una quarantina d’anni e
pensati in e per una società del tutto diversa, con diversi ritmi lavorativi
per le famiglie, con una diversa sensibilità socio-politica, ecc… Garantire
(ed invogliare) la partecipazione delle famiglie – sul cui ruolo molto ci
sarebbe da dire: sono oggi alleate o antagoniste rispetto alle proposte
educative della scuola? come sono coinvolte altrove nella vita e nella
conduzione dell’istituzione-scuola? – è un altro problema ineludibile.
- L’insostenibile
leggerezza del ruolo del DT
Gli
ispettori… pardon, i Dirigenti
Tecnici (altro termine “rivoluzionato”)… questi sconosciuti!Esistono?
Dove? Servono? Che fanno, di concreto? Poco, molto poco, visto quanti sono! Ma
non dovrebbero servire proprio per la spinosissima questione della valutazione
del sistema scolastico - la famosa
“terza gamba” di ormai rimossa memoria? Oppure bastano autovalutazione e test
pseudo-oggettivi, visto che sarebbe pericoloso attribuire potere discrezionale
a qualcuno? Oggi
il DT appare, per magia, solo quando è scoppiata una grana davvero grossa o
quando c’è da presenziare ad un Convegno! Quale
è stata la storia di questa “figura”? Anche qui le modalità dell’ultimo concorso
– svoltosi in un modo irriferibile per carità di patria fuori dai nostri
confini – avrebbero molto da insegnare.La
domanda prioritaria è: il sistema scolastico italiano ha bisogno di questa
figura? Se sì, bisogna crearla ex novo,
con competenze ben diverse da quelle
questurin-inquisitorie della vecchia tradizione. Se
no, aboliamola una buona volta e risparmieremo un bel po’!
- Cos’è
oggi la scuola italiana?
La
domanda finale è, forse, come la matrioska più grande che contiene tutte le
altre. Proviamo
a rispondere. Un’azienda?
Speriamo proprio di no! Si è tentato – molto avventatamente – di trasformarla in
ciò, compiendo un’operazione a dir poco innaturale e i disastri sono tutti gli
occhi di tutti. Un
ufficio, una propaggine della Pubblica Amministrazione? E’ attualmente quanto
vivono sulla propria pelle una gran parte dei docenti, che si chiedono avviliti
se aver scelto questo mestiere doveva proprio avere quest’esito! Aver
a che fare con gli studenti, coi problemi dell’educazione e di una seria
didattica improntata a metodi e contenuti implica una ben diversa
professionalità rispetto a quella di un travèt! Una
comunità educante? Bell’espressione, ma bisogna crederci davvero per
realizzarla. E investirci sopra. E aprirla al territorio, per farla diventare
un luogo di creazione e di diffusione di cultura. Personalmente
credo che se la scuola non sarà, non tornerà ad essere così, sarà sempre più un
“non-luogo”, per dirla con Marc Augé, destinato prima a poi a scomparire
sostituita da lezioni on line, da
videoconferenze, da Wikipedia…. Con
un formidabile risparmio, certamente. Ma siamo sicuri di volerlo davvero?!
Stefano Casarino