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Giancarlo Memmo
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In questa lettera Le spiegherò perché la Sua riforma della scuola è una sciocchezza e Le spiegherò perché Le converrebbe mollare per non inciampare.
A 18 anni mi trovai davanti ad una scelta. Avevo tre possibilità. La Marina Militare, l'Italsider, la facoltà di Ingegneria.
La Marina Militare era la più semplice. Mi garantiva la pensione a 38 anni.
L'Italsider era meno attraente ma lo stipendio era ottimo, i privilegi tanti.
Anche li se eri amico degli amici , in questo caso la Curia, potevi imboscarti alla grande, fare i turni, beccare lo straordinario.
Molti miei amici fecero questa scelta e oggi sono in pensione con 10 anni di abbuono grazie a Riva, ai sindacati e alla politica.
Io feci la scelta più difficile.
Mio padre s'incazzò come una bestia e fece casino ma quella notte pianse di felicità.
Gli esami come muri invalicabili, scritti e orali, uno dopo l'altro.
La selezione fu devastante.
Ottocento eravamo al primo anno, dodici al quinto.
Cadevano come fucilati da un plotone di esecuzione, uno dopo l'altro.
Dopo la laurea mio padre morì, ma per sei mesi quando andavo in clinica a trovarlo i medici mi salutavano chiamandomi ingegnere, e lui si commuoveva.
Superai l'esame di Stato per l'esercizio della professione. Lo superai brillantemente con 120 su 120.
Mi iscrissi all'Albo provinciale e cominciai a lavorare.
Poi mi capitò una proposta di incarico annuale nella scuola, accettai.
Fu una rivelazione per me, era appassionante l'insegnamento, mi piaceva anche se la paga era fatta su misura per le mamme da 18 ore settimanali che in cambio di una miseria davano solo metà del loro tempo. Invece per me dopo le 13 iniziava lo studio, l' aggiornamento, inseguendo le tecnologie, internet, la multimedialità.
Feci il concorso e lo superai agevolmente.
Non m'importa, oggi, che qualcuno mi dica che sono un bravo insegnante, quello che a me interessa è il numero assoluto dei ragazzi delle mie quinte che prendono 100, come a fumare una sigaretta.
Moltissimi di loro oggi sono classe dirigente.
Uno di loro, che Lei ha conosciuto in California, da Twitter, Le parlò di me e del mio libro sull' ILVA, esercizio di denuncia e di civiltà.
Ora Presidente ho bisogno che Lei mi dica chi, il nome voglio, dovrà giudicare la mia professionalità di insegnante, la mia didattica, il mio comportamento.
Presidente, io non sono un operaio che avvita bulloni, non sono un manager che deve fare profitto.
In questo paese la politica che candida indagati, condannati e pregiudicati, non è credibile.
Quindi la politica non può fare una riforma su quella parte ancora eccellente del paese, noi docenti.
Prima la politica deve riformare se stessa e poi acquista la credibilità per poter discutere con noi, di scuola e non solo.
Concludo.
E' vero, anche noi abbiamo qualche mela marcia, poche e puzzolenti, ma per impedire loro di dare fastidio il modo c'è, si chiama Legge in vigore.
Non serve una riforma. Sono i Presidi che non li licenziano e sa perché ? Perché sono numericamente ridicoli, uno su 100 ? E sia.
E' un numero fisiologico, ci può stare.
Presidente, la scuola è sana, è buona.
Lei deve solo trovare le risorse per portare le nostre paghe a valori di dignità europea e deve impedire che la pioggia vada sui banchi e che i termosifoni si spengano per guasti.
Poi, tolga una cosa di soldi alla scuola del clero a Lei tanto caro, siamo meglio noi.
Ne vogliamo parlare ?
Presidente, con noi non sarà facile spuntarla, c'è un muro insuperabile per Lei, è fatto di libri che noi abbiamo letto e Lei no, è fatto di anni di duro lavoro e di esperienze.
Noi siamo quelli che hanno rallentato la deriva morale ed etica che la politica ha costruito in questi anni.
La riforma serve, siamo i primi a volerlo. Faccia un gesto di umiltà e con gentilezza ci chieda di scriverla.
Siamo pronti.
A Lei il compito di trovare le risorse.
Le significo che siamo tra i paesi OCSE che spendono meno per la scuola, in assoluto e in rapporto al PIL.
Per pareggiare i numeri di Hong Kong e Finlandia ( le due migliori scuole del mondo ) servono 15 miliardi l'anno in più.
La saluto dai Tamburi. Conosce ? E' quel quartiere costruito intorno all'ILVA …. ( cit. Corrado Clini ).
Tratto da un Post di INFORMASCUOLA
La Marina Militare era la più semplice. Mi garantiva la pensione a 38 anni.
L'Italsider era meno attraente ma lo stipendio era ottimo, i privilegi tanti.
Anche li se eri amico degli amici , in questo caso la Curia, potevi imboscarti alla grande, fare i turni, beccare lo straordinario.
Molti miei amici fecero questa scelta e oggi sono in pensione con 10 anni di abbuono grazie a Riva, ai sindacati e alla politica.
Io feci la scelta più difficile.
Mio padre s'incazzò come una bestia e fece casino ma quella notte pianse di felicità.
Gli esami come muri invalicabili, scritti e orali, uno dopo l'altro.
La selezione fu devastante.
Ottocento eravamo al primo anno, dodici al quinto.
Cadevano come fucilati da un plotone di esecuzione, uno dopo l'altro.
Dopo la laurea mio padre morì, ma per sei mesi quando andavo in clinica a trovarlo i medici mi salutavano chiamandomi ingegnere, e lui si commuoveva.
Superai l'esame di Stato per l'esercizio della professione. Lo superai brillantemente con 120 su 120.
Mi iscrissi all'Albo provinciale e cominciai a lavorare.
Poi mi capitò una proposta di incarico annuale nella scuola, accettai.
Fu una rivelazione per me, era appassionante l'insegnamento, mi piaceva anche se la paga era fatta su misura per le mamme da 18 ore settimanali che in cambio di una miseria davano solo metà del loro tempo. Invece per me dopo le 13 iniziava lo studio, l' aggiornamento, inseguendo le tecnologie, internet, la multimedialità.
Feci il concorso e lo superai agevolmente.
Non m'importa, oggi, che qualcuno mi dica che sono un bravo insegnante, quello che a me interessa è il numero assoluto dei ragazzi delle mie quinte che prendono 100, come a fumare una sigaretta.
Moltissimi di loro oggi sono classe dirigente.
Uno di loro, che Lei ha conosciuto in California, da Twitter, Le parlò di me e del mio libro sull' ILVA, esercizio di denuncia e di civiltà.
Ora Presidente ho bisogno che Lei mi dica chi, il nome voglio, dovrà giudicare la mia professionalità di insegnante, la mia didattica, il mio comportamento.
Presidente, io non sono un operaio che avvita bulloni, non sono un manager che deve fare profitto.
In questo paese la politica che candida indagati, condannati e pregiudicati, non è credibile.
Quindi la politica non può fare una riforma su quella parte ancora eccellente del paese, noi docenti.
Prima la politica deve riformare se stessa e poi acquista la credibilità per poter discutere con noi, di scuola e non solo.
Concludo.
E' vero, anche noi abbiamo qualche mela marcia, poche e puzzolenti, ma per impedire loro di dare fastidio il modo c'è, si chiama Legge in vigore.
Non serve una riforma. Sono i Presidi che non li licenziano e sa perché ? Perché sono numericamente ridicoli, uno su 100 ? E sia.
E' un numero fisiologico, ci può stare.
Presidente, la scuola è sana, è buona.
Lei deve solo trovare le risorse per portare le nostre paghe a valori di dignità europea e deve impedire che la pioggia vada sui banchi e che i termosifoni si spengano per guasti.
Poi, tolga una cosa di soldi alla scuola del clero a Lei tanto caro, siamo meglio noi.
Ne vogliamo parlare ?
Presidente, con noi non sarà facile spuntarla, c'è un muro insuperabile per Lei, è fatto di libri che noi abbiamo letto e Lei no, è fatto di anni di duro lavoro e di esperienze.
Noi siamo quelli che hanno rallentato la deriva morale ed etica che la politica ha costruito in questi anni.
La riforma serve, siamo i primi a volerlo. Faccia un gesto di umiltà e con gentilezza ci chieda di scriverla.
Siamo pronti.
A Lei il compito di trovare le risorse.
Le significo che siamo tra i paesi OCSE che spendono meno per la scuola, in assoluto e in rapporto al PIL.
Per pareggiare i numeri di Hong Kong e Finlandia ( le due migliori scuole del mondo ) servono 15 miliardi l'anno in più.
La saluto dai Tamburi. Conosce ? E' quel quartiere costruito intorno all'ILVA …. ( cit. Corrado Clini ).
Tratto da un Post di INFORMASCUOLA
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