Preso atto, con un po’ di
preoccupazione, che la “Buona Scuola” è,
in buona sostanza, ancora un contenitore vuoto che attende di essere riempito coi
decreti legislativi dettagliatamente previsti nel lunghissimo comma 181 della
l.107/2015, sarà il caso che chi opera nella scuola a qualunque livello si
chieda e chieda ai propri interlocutori se
è
(è stata, sarà) buona e/o seria una scuola in cui:
1. ogni
riforma, più o meno organica, viene progettata ed attuata “senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica”, sorta di magico, salvifico mantra?;
2. si
diventa - da troppo tempo ormai - docenti quasi per caso, senza un serio
processo di formazione all’inizio, con modalità quantomeno fatiscenti e che si
sono via via aggrovigliate nel corso del tempo (SSIS, TFA, PAS) e con
arruolamento mediante concorsi, finora cadenzati nel modo più sballato
possibile, e senza una vera crescita professionale nel corso della “carriera”
(termine per altro ad oggi ridicolo)?;
3. la
classe docente è, di conseguenza, la più vecchia e la più malpagata d’Europa,
con sessantenni alle prese con quattordicenni e con un contratto scaduto da un
bel po’ di anni e che ora si favoleggia di rinnovare con la fantastica cifra di
5/6 euro di aumento al mese?
4. si
diventa dirigenti scolastici anche lì per caso, dopo aver passato più o meno
meritatamente o fortunosamente (come attestano le piogge di ricorsi) qualche
più o meno strampalato concorso, anche questo con cadenza del tutto irregolare,
e ci si improvvisa di punto in bianco manager,
leader, ecc…, senza aver mai dovuto render conto, né prima né dopo la
nomina, di effettive capacità di comunicazione e di mediazione e di
autorevolezza? come meravigliarsi, poi, se balzano agli onori della cronaca i
diktat di questo o quel dirigente che crede di poter fare quello che vuole
nella “sua” scuola?;
5. l’autonomia
scolastica è una sorta di “favola bella/che ieri/m’illuse, che oggi t’illude”,
smentita nei fatti da disposizioni sempre più capillari e del Ministero e
dall’ingerirsi dispotico di altri Enti in questioni riguardanti
l’organizzazione didattica (vedi, ad es.,
la “settimana corta” imposta dalle Province, più o meno ex, per
risparmiare sui trasporti e/o sul riscaldamento)?
6. la
legislazione scolastica è un foltissimo ginepraio di regole spesso tra loro
contraddittorie, di stratificazioni, di incoerenze logiche e di sconnessioni
cronologiche (ad esempio, il Testo Unico, vecchio di venti anni, è anteriore al
regolamento dell’autonomia) e che c’è - sempre e solo da noi in Italia - la
pretesa bizantina di normare tutto, proprio tutto?
7. si
sprecano tonnellate di carta in verbali, progetti, ecc…, fogli che nessuno
davvero legge e tempo ed energie sottratte al serio lavoro didattico?; quale
altro Paese europeo pretende dai propri docenti prestazioni così impiegatizie e
burocratiche?
8. ci
si avvilisce ad ogni piè sospinto per le pessime prestazioni dei nostri
studenti nelle “infallibili” rilevazioni statistiche (INVALSI, PISA e compagnia
bella), salvo poi scoprire immancabilmente che i nostri alunni che vanno
all’estero fanno (e ci fanno fare) sempre una magnifica figura e ottengono
risultati, sia di studio che di lavoro, ben più lusinghieri di quelli dei loro
coetanei degli altri Paesi?;
9. ci
si inventa di tutto e di più per rendere le attività scolastiche efficaci,
efficienti, trasparenti - e mettiamo ancora qualche altro aggettivo à la page,
tutti ovviamente desunti dall’imperante mondo dell’economia e della pubblica
amministrazione - dimenticando che i verbi che più di tutti si devono coniugare
a scuola sono “studiare”, “insegnare”, “imparare” e soprattutto “pensare” e
“rielaborare”?
10.
si è finito per confondere “apprendimento”
con “addestramento”, “informazione” con “formazione” e si è prodotta una vasta
opera di deculturalizzazione, coi risultati facilmente verificabili senza alcun
bisogno di test, di studenti che non conoscono l’ortografia, non sanno riassumere,
hanno difficoltà nell’applicazione pratica delle regole apprese, ignorano i
fondamentI di qualsivoglia metodo di studio?
Se
a tutti, o alla maggior parte di questi interrogativi, diamo risposta negativa,
concludendo che no, non è una buona/seria scuola quella che ha tali
caratteristiche, allora tutti dobbiamo darci da fare per
cambiare questa rotta, anzi questa deriva. E al più presto.
Ne va, davvero, della
serietà dell’istruzione e dell’esistenza stessa di un qualcosa che si possa
continuare a chiamare davvero “scuola”, prima e più di qualunque aggettivo che
si voglia affiancarle.
Stefano Casarino
SNALS Cuneo