“ La Calabria è la punta
dello Stivale, l’estremo sud dell’Italia. Lambita dalle splendide acque
del mar Ionio e del mar Tirreno è separata dalla Sicilia
dallo stretto di Messina. Il clima accogliente, gli splendidi colori del mare,
le coste rocciose alternate a litorali sabbiosi, la sua natura selvaggia e misteriosa, i
sapori intensi e genuini della cucina locale e le testimonianze delle sue
antiche origini rendono la Calabria un posto unico, da ammirare sia d'inverno
che d'estate. Ogni desiderio potrà essere esaudito. Chi ama la natura, i suoi
profumi, i suoi misteri potrà addentrarsi nell’entroterra calabrese, scoprendo
un paesaggio puro e incontaminato, dove immense distese di verde sono
interrotte dal blu di laghi e cascate “. Questa è una cartolina immaginifica, utile ad attrarre ignari
turisti, che presto devono fare i conti con una terra, che in Europa si trova
con merito ultima in qualsiasi classifica ipotizzabile. Di solito un territorio conquista la stima
degli altri con la propria laboriosità e con il ricordo nel tempo della propria
dignità è integrità morale. A tal proposito si ricorda che i progenitori
degli odierni calabresi. vengono
comunemente individuati nei Bruzi. L’immagine stereotipa che dei Bruzi diedero
gli storici latini (i Bruzi furono nemici acerrimi dei Romani e quindi i
secondi avevano tutto l’interesse a tramandare dei primi una pessima fama) si
attagli perfettamente al topos moderno dei calabresi (nato, in Europa,
dall’epopea del brigantaggio contro le truppe d’occupazione napoleoniche, agli
inizi dell’Ottocento, e propagandato dai reduci dell’esercito francese),
dipinti di solito come gente rude, vendicativa, non incline a sottomettersi
alle autorità e alle leggi (http://www.rubbettinopills.it/perche-la-calabria/ ).
Ma ciò che ha pesato di più sulla pessima fama dei presunti unici predecessori
dei calabresi, oltre al giudizio dei Romani, è il luogo comune – non suffragato
da alcuna fonte o evidenza storica – dell’essere stati proprio Bruzi i soldati
della Legio X che torturarono e uccisero Gesù Cristo. Come ricorda puntualmente
Vito Teti, infatti, ancora nel 2004, in occasione dell’uscita del film di Mel Gibson
The passion of Christ, su «Libero» del 28 febbraio, Miska Ruggeri accreditava,
inopinatamente e acriticamente, la teoria di cui abbiamo parlato, come se si
trattasse di una verità storica inoppugnabile e soggiungendo sarcasticamente:
«a chi meglio di un manipolo di calabresi, già allora abili con pugnali, spade
e affini, il boss dei boss, Tiberio, poteva affidarsi per eliminare l’incauto
ribelle?» E la Ruggeri non è né la prima né l’ultima, tra i giornalisti
contemporanei, ad aver ripreso questa presunta verità storica. Se dovessimo
attenerci davvero alle fonti, potremmo affermare che i Bruzi svolgevano
nell’esercito romano esclusivamente attività servili, come ricorda Pier
Giovanni Guzzo citando Gellio, sicché non era possibile per essi assumere la
veste di soldati.
Aldo Domenico Ficara