Mentre Matteo Renzi
lancia al Piccolo Teatro il progetto post Expo Human Technopole, molti
ricercatori si radunano alla Sapienza per dare sostanza all’appello lanciato
dal fisico Giorgio Parisi “Salviamo la Ricerca italiana” che ha già raccolto in
pochi giorni decine di migliaia di firme. A livello comunicativo e mediatico si dovrebbe
evitare la creazione di ogni dualismo, perchè la ricerca è studio e lo studio
da qualunque punto di vista lo si guardi va adeguatamente sostenuto con
finanziamenti equi. Quindi ben venga l'attuazione del progetto Human
Technopole, al pari di uno sforzo politico utile a far rientrare dall'unione europea
i 300 milioni che mancano all'appello per finanziare correttamente la ricerca
di base italiana.
Progetto Human
Technopole:
Un progetto da 145 milioni di euro l’anno la cui gestione sarà affidata all’Istituto italiano di tecnologia (Iit)
di Genova, fondazione finanziata dal governo e diretta
dal fisico Roberto Cingolani. Oltre all’Istituto
genovese copriranno un ruolo importante anche l’Institute for
International Interchange di Torino e la Edmund Mach Foundation di Trento. A
corredo dell’iniziativa, però, ruota un universo fatto di atenei tra cui l’Università Statale e il Politecnico
di Milano e di partner come Ibm Watson Lab, Google, Weizmann Institute e lo European
Molecular Biology Laboratory. Anche l’industria si è mostrata
interessata al polo nascente: Ferrero, Bayer, Nestlè, Dupont, Barilla e
Novartis sono alcuni tra i nomi noti.
Salviamo la Ricerca italiana: (http://www.tecnicadellascuola.it/item/18303-salviamo-la-ricerca-italiana-mancano-all-appello-300-milioni-di-euro.html
)
Il cappello di
un articolo pubblicato l’otto febbraio 2016 su Il Fatto
Quotidiano recitava così recitava così: “dei 900 milioni
che l’Italia versa all’Europa per la ricerca, solo 600 tornano nelle tasche dei
ricercatori italiani. Gli altri 300 finiscono ai Paesi europei dove la ricerca
gode già di ottima salute. Alle denunce dell’associazione di ricercatori Roars,
si aggiunge ora la lettera di uno dei maggiori fisici italiani, Giorgio Parisi,
appena pubblicata dalla rivista internazionale Nature. Che sta facendo
molto discutere”. La lettera citata
nell’articolo la possiamo trovare sia in italiano che in inglese all’interno di
una petizione che ha
raggiunto 42.143 firme di sostenitori, organizzata dallo stesso fisico romano.
La lettera indirizzata all’Unione Europea dice: “ Chiediamo all’Unione Europea
di spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello
superiore a quello della pura sussistenza. Questo permetterebbe a tutti gli
scienziati europei - e non solo a quelli britannici, tedeschi e scandinavi - di
concorrere per i fondi di ricerca Horizon 2020. In Europa i fondi di ricerca
pubblici sono erogati sia dalla Commissione Europea che dai governi nazionali.
La Commissione finanzia principalmente grandi progetti di collaborazione
internazionali, spesso in aree di ricerca applicata, e i governi
nazionali finanziano invece - oltre che i propri progetti strategici -
programmi scientifici su scala più piccola, e operati 'dal basso'. Ma non tutti
gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio l’Italia trascura gravemente
la ricerca di base. Oramai da decenni il CNR non riesce a finanziare la ricerca
di base, operando in un regime di perenne carenza di risorse. I fondi per
la ricerca sono stati ridotti al lumicino. I PRIN (progetti di ricerca di
interesse nazionale) sono rimasti inattivi dal 2012, fatta eccezione per alcune
piccole iniziative destinate a giovani ricercatori. I fondi di quest’anno per i
PRIN, 92 milioni di Euro per coprire tutte la aree di ricerca, sono troppo
pochi e arrivano troppo tardi, specialmente se paragonati per esempio al
bilancio annuale dell’Agenzia della Ricerca Scientifica Francese
(corrispondente ai PRIN italiani) che si attesta su un miliardo di Euro l’anno.
Nel periodo 2007-2013 l’Italia ha contribuito al settimo 'Programma Quadro'
europeo per la ricerca scientifica per un ammontare di 900 milioni l’anno, con
un ritorno di soli 600 milioni. Insomma l’incapacità del Governo Italiano di
alimentare la ricerca di base ha causato una perdita di 300 milioni
l’anno per la scienza italiana e quindi per l’Italia. Se si vuole evitare
che la ricerca si sviluppi in modo distorto nei vari Paesi europei, le
politiche nazionali devono essere