Con la
sentenza n. 76 del 24 aprile 2013 la Corte Costituzionale bocciò
definitivamente un tentativo lombardo di regionalizzare il personale della
scuola. Infatti, secondo la Corte costituzionale la Regione Lombardia disponeva , con questa legge, in merito a
personale inserito nel pubblico impiego statale, di conseguenza su di essi
poteva predisporre solo lo Stato, non la Regione o il singolo Dirigente o le
cosiddette "reti di scuole". Si ricorda che la norma impugnata nel
2013 consentiva alle istituzioni scolastiche di «organizzare concorsi
differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente
con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di
favorire la continuità didattica»; a tali selezioni era ammesso a partecipare –
in base al comma 2-ter dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007,
modificato dalla norma del 2013 soltanto «il personale docente del comparto
scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento». In base al
sistema così creato, quindi, ciascun istituto scolastico statale aveva la
possibilità, alle condizioni indicate, di bandire i concorsi per il
reclutamento dei docenti precari con incarico annuale. Dalla sentenza n. 76 del 24 aprile 2013
consegue che ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il
reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della
competenza legislativa esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost., trattandosi di norme che attengono alla materia dell’ordinamento e
organizzazione amministrativa dello Stato. Quindi oggi il singolo Dirigente scolastico, che si
appresta a fare selezione di personale nei ruoli dello Stato, con l'attuale chiamata dovrebbe ( il condizionale è obbligatorio ) evitare l’illegittimità
costituzionale, perché l’attuale
chiamata diretta dei docenti è un’attuazione di una legge dello Stato.
Rimangono però in piedi tutte le delicate problematiche riguardanti la trasparenza e l’oggettività dei criteri che saranno adottati.
Rimangono però in piedi tutte le delicate problematiche riguardanti la trasparenza e l’oggettività dei criteri che saranno adottati.