Dal
2018 sarà sufficiente avere una media del sei per essere ammessi all’Esame di
Stato. Qualcuno penserà il risultato è dato dai voti ottenuti nelle diverse
materie. Ebbene, no! Anche il voto sul comportamento contribuirà alla media.
Che dire? Sono basito, però non più di tanto!
Ormai sono diversi decenni che il prodotto scolastico declinato nella preparazione umanistica, scientifica e tecnologica… non interessa!
Da tempo viviamo in un contesto dove conta ciò che è utile e serve nell’immediato. Da qui la convinzione che la cultura è un accessorio, un di più, un corpo estraneo rispetto ad una società che dopo aver decretato ” la morte di Dio” ha sancito anche quella dell’uomo. In altri termini, decretando la fine della cultura, si è ucciso il futuro, si è ridotto l’uomo a un “fascio di sensazioni” ( M. Hume ), privo di pensieri, di volontà e di azione. La società postmoderna ( G. Vattimo ) o liquida ( Z. Bauman ) ha perso la scommessa lanciata da F. Nietzsche con l’avvento dell’ultra-uomo che nel pensiero del filosofo tedesco doveva individuare ed elaborare una visione del mondo caratterizzata dall’assenza del cielo, perché fondata sul “. senso della terra”. Mettendo in soffitta la cultura come opportunità di crescita personale e sociale, come “progetto” ( ” gettato avanti” M Heidegger ), si è risposto alle inquietanti domande, contenute nei Fratelli Karamazov: “Ma allora, domando, che sarà dell’uomo? Senza Dio e senza vita futura? Tutto è permesso dunque, tutto è lecito?
Alla cultura come promozione dell’uomo, quindi, si è passati al format “supermercato”, dove si sceglie e si compra quello che serve. Da qui la subdola e graduale identificazione dell’ istituzione scolastica con il mondo aziendale ” orientato al cliente”, distributore di nozioni leggere, caratterizzate da una struttura formale a ” codice ristretto” ( Bernstein ) di crediti formativi… Un lessico che ha definitivamente messo in soffitta “l’amore per la sapienza” ( la filosofia ) e la cultura umanistica in genere.
Questo smottamento culturale è convissuto con un altro che ha preparato la condizione dell’assenza della cultura, superando quindi l’idea della sua morte, che rimanda quest’ultima alla presenza fisica di un cadavere. Un’assenza giustificata dalla sua inutilità, perché altri sono i fattori che possono favorire l’affermazione personale o il successo lavorativo. E questi si chiamano fortuna, occasioni, conoscenze e opportunità che hanno come comune denominatore il caso o la furbizia della persona.
Ecco il contesto dal quale sarà assente la cultura che nel penultimo gradino fa media con il comportamento.
Mi chiedo: ha ancora senso parlare di scuola? In un contesto decisamente ” descolarizzato” quale significato attribuire all’impegno, al lavoro degli insegnanti?
Interrogativi che non debbono portare a risposte caratterizzate da “passioni tristi” ( B. Spinoza) declinate nel senso di frustrazione, di scoramento.di ripiegamento dell’individuo nel proprio “mondo senza finestre” ( T. Hobbes ). Se cosi fosse allora saremo vicini ad un passo dall ‘abisso del NULLA , dove neanche un dio ci può salvare ( M. Heidegger ).
Dobbiamo “riprenderci il futuro” ( D. Fusaro ), all’interno di una dialettica teoria/prassi, senza aspettare una salvezza fuori dal nostro possibile. Le modalità di uscita da questo cielo grigio costituiscono il nostro impegno!
Che dire? Sono basito, però non più di tanto!
Ormai sono diversi decenni che il prodotto scolastico declinato nella preparazione umanistica, scientifica e tecnologica… non interessa!
Da tempo viviamo in un contesto dove conta ciò che è utile e serve nell’immediato. Da qui la convinzione che la cultura è un accessorio, un di più, un corpo estraneo rispetto ad una società che dopo aver decretato ” la morte di Dio” ha sancito anche quella dell’uomo. In altri termini, decretando la fine della cultura, si è ucciso il futuro, si è ridotto l’uomo a un “fascio di sensazioni” ( M. Hume ), privo di pensieri, di volontà e di azione. La società postmoderna ( G. Vattimo ) o liquida ( Z. Bauman ) ha perso la scommessa lanciata da F. Nietzsche con l’avvento dell’ultra-uomo che nel pensiero del filosofo tedesco doveva individuare ed elaborare una visione del mondo caratterizzata dall’assenza del cielo, perché fondata sul “. senso della terra”. Mettendo in soffitta la cultura come opportunità di crescita personale e sociale, come “progetto” ( ” gettato avanti” M Heidegger ), si è risposto alle inquietanti domande, contenute nei Fratelli Karamazov: “Ma allora, domando, che sarà dell’uomo? Senza Dio e senza vita futura? Tutto è permesso dunque, tutto è lecito?
Alla cultura come promozione dell’uomo, quindi, si è passati al format “supermercato”, dove si sceglie e si compra quello che serve. Da qui la subdola e graduale identificazione dell’ istituzione scolastica con il mondo aziendale ” orientato al cliente”, distributore di nozioni leggere, caratterizzate da una struttura formale a ” codice ristretto” ( Bernstein ) di crediti formativi… Un lessico che ha definitivamente messo in soffitta “l’amore per la sapienza” ( la filosofia ) e la cultura umanistica in genere.
Questo smottamento culturale è convissuto con un altro che ha preparato la condizione dell’assenza della cultura, superando quindi l’idea della sua morte, che rimanda quest’ultima alla presenza fisica di un cadavere. Un’assenza giustificata dalla sua inutilità, perché altri sono i fattori che possono favorire l’affermazione personale o il successo lavorativo. E questi si chiamano fortuna, occasioni, conoscenze e opportunità che hanno come comune denominatore il caso o la furbizia della persona.
Ecco il contesto dal quale sarà assente la cultura che nel penultimo gradino fa media con il comportamento.
Mi chiedo: ha ancora senso parlare di scuola? In un contesto decisamente ” descolarizzato” quale significato attribuire all’impegno, al lavoro degli insegnanti?
Interrogativi che non debbono portare a risposte caratterizzate da “passioni tristi” ( B. Spinoza) declinate nel senso di frustrazione, di scoramento.di ripiegamento dell’individuo nel proprio “mondo senza finestre” ( T. Hobbes ). Se cosi fosse allora saremo vicini ad un passo dall ‘abisso del NULLA , dove neanche un dio ci può salvare ( M. Heidegger ).
Dobbiamo “riprenderci il futuro” ( D. Fusaro ), all’interno di una dialettica teoria/prassi, senza aspettare una salvezza fuori dal nostro possibile. Le modalità di uscita da questo cielo grigio costituiscono il nostro impegno!