Già nel 2004 i professori troppo severi
non andavano di moda, infatti su Repubblica si scriveva della clamorosa
decisione di un preside che dopo aver accolto il ricorso di alcuni
studenti, ha fatto rifare gli scrutini
ad alcuni consigli di classe. Per cinque ragazzi, respinti giorni prima per un 2 in Automazione, il
verdetto è stato capovolto. I cinque sono stati promossi mentre ad altri due è
stato aggiunto un debito formativo. «In qualche modo - ha spiegato il preside -
mi sono sentito il garante di quei ragazzi. Quella bocciatura nasceva da un
contenzioso con un solo docente. I
docenti dovrebbero sempre saper instaurare dei rapporti di fiducia con i loro
allievi. E' sulla qualità delle relazioni umane che si fonda la qualità dell'
insegnamento, e lo studente deve stimare il professore». Anche allora furono
soddisfatti i genitori che minacciavano altri ricorsi e felici i ragazzi per l'
anno non andato perso.
Passano gli anni e il fenomeno si aggrava, infatti, sono
in aumento le denunce di insegnanti ritenuti troppo severi dalle famiglie, che
prendono le parti dei figli. Genitori che a volte non si accontentano di
denunciare episodi spesso al limite del ridicolo ma pretendono un rimborso
economico per i “traumi” inflitti ai figli. I dati però ci dicono che gli insegnanti più esigenti
ottengono dai propri studenti risultati mediamente migliori. Lo confermano
anche analisi empiriche: gli apprendimenti medi nelle classi dove vengono
applicati criteri più rigidi superano anche del 20 per cento i valori
registrati laddove gli standard di valutazione sono piuttosto generosi.
E basta
guardare alla poco confortante dinamica della produttività del lavoro per
convincersi dell’urgenza di reintrodurre, a scuola come nel mercato del lavoro,
processi di valutazione fondati sul merito e sull’effettiva competenza.
Aldo Domenico Ficara