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Con lo smartphone in aula si passa dal principio dell'autonomia a quello dell'eteronomia
Sulle pagine de Il Sussidiario, a proposito dell’uso
in classe dei telefonini, così scrive Adolfo Scotto Di Luzio: “ L'idea che la
scuola serva a fornire gli strumenti intellettuali con i quali ciascuno di noi
costruisce faticosamente la sfera della propria libertà personale (dare un nome
alle cose e ai loro rapporti per tentare di sfuggire alla forza costrittiva che
esse esercitano su di noi), questo che è stato da sempre il compito di una
"educazione per l'uomo" dilegua sotto la pressione del nuovo,
incontrastato, prestigio della merce. Al suo posto si mostra in azione un'altra,
più insidiosa, tendenza: fare della scuola il luogo in cui l' individuo viene
addestrato esclusivamente a rispondere alle richieste di integrazione avanzate
nei suoi confronti dalla società. Non ci si può sottrarre, evidentemente, a
queste richieste. Lo studio, la cultura, il rapporto intenso con le fonti della
conoscenza servono a proteggere i singoli da una pressione eccessiva.
Servono
cioè a costruire quella distanza critica tra sé e il mondo per evitare che
l'individuo abdichi completamente alla sfera sociale. Da questo punto di vista,
lo smartphone a scuola non è nient'altro che la brutale sanzione del passaggio
nella sfera educativa dal principio dell'autonomia a quello dell'eteronomia “.
Si ricorda che il temine eteronomia (dal greco
antico ἕτερος éteros «diverso, altro» e νόμος nómos «legge, governo») in
sociologia e nell'etica rappresenta la condizione per cui un soggetto
(individuale o collettivo) agisce ricevendo fuori da se stesso la norma e la
ragione della propria azione, ovvero attribuendone dunque la colpa, la
responsabilità,
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