di Giancarlo Memmo
La
Scuola continua a guardare con qualche interesse le consultazioni politiche
necessarie alla nascita di un nuovo governo, possibilmente rispettoso della
volontà popolare.
Il
voto popolare ha spaccato in due il Paese: al Nord lungo la linea della flat
tax e al Sud sul crinale del “reddito di cittadinanza”. La competizione
elettorale era figlia del meccanismo del “dolore all’arto fantasma”: si è
conteso politicamente il consenso facendo finta di avere un sistema elettorale
maggioritario mentre non c’era più (l’arto fantasma)…al suo posto c’era il
“Rosatellum”, un ibrido proporzionale dove il processo di coalizione avviene
anche e soprattutto “dopo” in Parlamento.
Quindi
abbiamo la rinascita di tutte le logiche “proporzionaliste” e dove - particolare
sfuggito a Rignano perché erano impegnati a trovare l’equivalenza elettorale
tra il 40% delle europee e il 40% della sconfitta referendaria - non ci sarebbe
spazio per leader “divisivi” come Renzi.
Nel
frattempo alcune cose sono successe….la Scuola è scomparsa dal cruscotto
politico di t-u-t-t-e le formazioni parlamentari se non in termini di slogan,
ormai anche questi residuali e rarefatti….del resto anche in campagna
elettorale non c’erano grandi tracce sulla Scuola.
Ovviamente
queste sono le premesse, rimane da capire come sarà il comportamento politico
dell’eventuale maggioranza parlamentare rappresentativa del nuovo governo,
ammesso e non concesso che non si ritorni a votare.
Facciamoci
qualche domanda e proviamo a dare qualche risposta.
PERCHE’ LA SCUOLA E’
IMPORTANTE NELLA NOSTRA SOCIETA’?
Per
tutte le ragioni che sappiamo, più una che appare evidente e diamo per
scontata: la Scuola è l’ultimo spazio di
“democrazia”.
Ormai
quasi solo a Scuola c’è spazio per il pluralismo di idee, di situazioni che si riflettono in una “collegialità”
intrinseca al sistema e in una sintesi organizzativa e etica che “tiene dentro
tutti” in linea con lo spirito e l’essenza della nostra Costituzione…..già la
nostra importantissima Costituzione, anche perché è costituzionalizzato “lo
stato sociale”, è una costituzione Keynesiana: illuminata e longeva perché
uscita dal conflitto mondiale.
Quindi
tutto questo non è compatibile con le visioni egoistiche dell’ordo-liberismo:
la democrazia è meglio se è “essenziale”, i diritti sono degradati a interessi
legittimi o alla “cosmesi dei diritti”, il totem del mercato (che è figlio dell’efficientismo
competitivo e meritocratico che riconosce solo i “diritti” che ti puoi
economicamente permettere).
Alla
luce di questo appare molto chiaro il progetto dell’ “aziendalizzazione” della Scuola, non solo in
termini organizzativi ma anche “etici”….. tuttavia il tentativo di mettere il
vestito liberista alla Scuola della Costituzione non sta riuscendo se non in
termini di degrado della scuola statale.
Tale
deterioramento è tutto sommato funzionale all’ “opificio Italia” dei bassi
salari, dove chi lavora è povero……già l’alternanza scuola-lavoro che dovrebbe e
doveva far “trovare lavoro”…… magari anche “i posti migliori”, ………peccato che
nel frattempo “l’ascensore sociale” si infrange con la distribuzione diseguale del
reddito nel nostro Paese.
La
distribuzione del prodotto sociale è sempre più a vantaggio di pochi contro
moltissimi: siamo il Paese europeo che ha il più alto numero di poveri in
termini di valore assoluto.
L‘evoluzione
dello studente da cittadino a lavoratore, da allievo a utente “customer satifaction”, non riesce a
mantenere le sue mirabolanti promesse.
La
Scuola della Costituzione è Keynesiana!
QUALI SONO I PERICOLI SULLA
DEMOCRAZIA E I RIFLESSI NELLA SCUOLA?
La
Democrazia non è perfetta, tuttavia è l’unico sistema politico dove “i voti si
contano e non si pesano”, diciamo, con ironia, che a distorcere la volontà del
popolo ci pensano “i sistemi elettorali” con premi di maggioranza
incostituzionali.
Quindi
cercare di governare con il 20% “come fa Macron” potrebbe far scivolare verso
“il partito unico” e da qui ad arrivare alla dittatura non ci vuole molto.
La
Storia insegna che ciò che non si è compreso è destinato a ripetersi: il PD da
Veltroni in poi e soprattutto con Renzi, si è spostato al “centro” perché
doveva aumentare il consenso..ed è andata come è andata: ma poiché la lezione non
è stata compresa è destinata ripetersi nell’OPA politica verso il partito di
Berlusconi, cioè la “nuova strategia” del partito unico della nazione rignanese.
Le
visioni politiche simili ai cartelli di minoranza che governano le Pubblic-Company,
probabilmente sono destinate ad aumentare: peccato che sono intrinsecamente
antidemocratiche!
La
Scuola e in generale il Settore universitario, danno maggiori garanzie di
seguire “l’interesse generale” se sono statali e se sono “collegiali”.
Le
ricerche scientifiche “minoritarie” possono trovare spazio solo in un sistema
sociale che preveda la “dignità” della minoranza e dove non tutto sia
monetizzabile…diversamente come diceva il comico Guzzanti: se non sei stato
eletto e se non hai avuto la maggioranza, le tue idee non possono essere
dette..se no fai reato di opinione.
Solo
una Scuola democratica accoglie tutti e prova a valorizzare ogni individualità.
Solo
una scuola democratica rappresenta “l’ologramma della società civile”.
La
mancata realizzazione dell’interesse individuale come miglior regolatore della
distribuzione della ricchezza è sotto gli occhi di tutti, dobbiamo ritornare,
per il bene della collettività, alla visione solidaristica della Costituzione
keynesiana che ci hanno lasciato i partigiani e gli alleati.
La
Scuola è un suo lascito: il più importante perché è l’opificio della
democrazia, della produzione e riproduzione del modello democratico nella
società civile. Quindi poiché esiste una distanza incolmabile tra “interesse
generale” e “interesse individuale”, solo una Scuola laica ( non laicista) e
statale copre gli intessi dell’intera
società civile.
PERCHE’ INVESTIRE NELLA
SCUOLA E PAGARE MEGLIO GLI INSEGNANTI?
Perché
l’investimento in capitale umano è, secondo la Banca d’Italia, l’investimento
più remunerativo in termini economici.
Perché
la Scuola crea i mercati tramite i consumatori: la Scuola del libro Cuore
creava la centralità del mercato rurale, la “Buona Scuola” crea l’azienda
competitiva e il lavoro gratuito nel paradigma “verticistico” che sostituisce “l’inefficiente
e lenta” collegialità. La Costituzione crea la Scuola democratica e resiliente , incardinata nella libertà di insegnamento che
permette “le ricerche minoritarie” offrendo un quadro completo della conoscenza,
una Scuola per tutti e per ciascuno.
Lo
status sociale nella società capitalista è legato allo status economico, le
ricerche di sociologia del lavoro ci restituiscono situazioni dove in primis
pagando meglio il personale ottieni una migliore qualità del lavoro prodotto.
Tali
ricerche ci dicono anche che il totem del “giovanilismo” e giovinezza del
lavoratore da preferire all’anzianità, è un totem che non ha basi scientifiche:
non solo col passare degli anni anagrafici diminuiscono i neuroni, ma aumentano
di superficie per più che compensare la perdita, ma ulteriormente ci dicono che
il fattore “esperienza” è quello vincente in ogni contesto produttivo…almeno a
lungo termine.
In
realtà dietro queste opinioni dominanti del “mainstream” si nascondono
inconfessabili calcoli ragionieristici del tipo “per qualche dollaro in più” di
risparmio e di profitto racchiuso nei nuovi contratti di lavoro del jobs act.
Perché
solo una scuola democratica è coerente con uno sviluppo sostenibile, che mi
pare l’unico tipo di sviluppo che ci possiamo e dobbiamo permettere.
Perché
dobbiamo riposizionarci, nell’ambito della divisione del lavoro internazionale,
sulle “nicchie produttive, dove il Know How e in generale “la Conoscenza”, sono quello che farà sempre di più la
differenza.
Ma
la differenza senza il reticolo della cultura è equivalente ad identificare
l’essere umano come una cozzaglia di cellule con un qualche ordine: ci perdiamo
praticamente tutto fossilizzandoci sui legami della Chimica Organica.
E LA BORGHESIA ITALIANA?
Diciamo
che vive nel sogno delle esportazioni: esportiamo e va bene così, pazienza se
la domanda interna è in caduta libera, sono settori “non competivi” e
consumatori residuali…
Si
vede tutta la debolezza di questa visione strategica, eppure “First America”
dovrebbe spiegare qualcosa di molto semplice: che cosa succede se le
esportazioni crollano e non si possono compensare con la domanda interna?
Si
intuisce perfettamente che è una posizione di estrema fragilità, in termini
finanziari è simile agli “investimenti baciati” in violazione del principio
cardine della diversificazione…con tutte le conseguenze nel bene e nel male
della mancata differenziazione.
Se
siamo alla vigilia della conclusione del ciclo delle esportazioni, ci sarebbe
l’interesse stesso di questa classe sociale a visioni politiche “solidaristiche”
e “redistributive” che solo in un’ottica “sovranista” e “anticiclica” si
possono immaginare.
Quindi
Trump, o meglio l’establishment che c’è dietro di lui, non vedrebbe male un governo
italiano “euroscettico” che per esempio ponesse problemi all’avanzo commerciale
tedesco.
Insomma
il mito che sotto la Germania “europea”, saremmo stati al riparo dai disastri
finanziari ed economici, dal dumping sociale, dalla concorrenza asiatica…si sta
affievolendo.
Presto
anche la Germania avrà “i ritorni” delle sue politiche esportative verso la
Cina e l’Asia, politiche che prevedevano esportazione di fabbriche “chiavi in
mano” che magari vendevano i prodotti prevalentemente ai PIIGS…..insomma la
borghesia internazionale è sempre per la competizione nel mercato del lavoro,
un po' meno in quello dei capitali, soprattutto se “personali”.
Negli
States non è che interessava gran che dei salari di Detroit, tuttavia quando si
sono accorti che “industrie strategiche” rischiavano di passare di mano verso
altri stati, allora sono comparsi “i rischi della globalizzazione”.
C’è
anche qui in Italia il problema della” successione”, sia in termini di capacità
dei rampolli successori ma anche in termini di equità in quanto il trend a
livello mondiale prevede quote enormi di ricchezza che “passano di mano” non
per “lavoro” ma solo per “eredità”.
Se
finisce il sogno delle esportazioni perenni, allora si rimpiangerà quel 25% di
PMI perse nella crisi, si rimpiangerà amaramente la flessibilità economica che
le piccole imprese hanno sempre offerto agli “shock di mercato”.
QUALE SAREBBE UN
PROGRAMMA POLITICO CHE POTREBBE RILANCIARE LA SCUOLA?
Il
programma politico o il “contratto di governo” di alleanza che permette di
rilanciare la Scuola passa inesorabilmente per:
1)
Il forte rilancio della domanda
aggregata interna;
2) la ricostituzione in termini rapidi
del 25% del tessuto produttivo perso per la crisi;
3) il rilancio della Scuola delle “relazioni”
contro la Scuola delle “connessioni”.
Va
da se che ciò si può fare solo rinegoziando le clausole europee, cioè con
qualcuno che lo voglia fare e lo sappia fare.
Solo
abbandonando la visione della Scuola come “bancomat” per le politiche di
bilancio orientate ad aiutare chi non ne ha bisogno, possiamo svoltare.
Diversamente
condanniamo l’opificio Italia a una posizione marginale nella competizione
internazionale, a una fragilità intrinseca che ci spingerà sempre più a
competere verso il basso - verso la Grecia - dove perderemo sempre e
invariabilmente. Insomma una sorta di “mercato di consumo” con qualche nicchia
“privilegiata” ma generalmente di basso profilo e ampiamente maturo.
Non
è un programma bolscevico, l’imprenditorialità e la proprietà privata sono salvaguardate,
ma è l’unico programma che permetterebbe di superare la visione
“finanziaristica” della società, visione che si sta incrinando sempre di più
anche a livello internazionale.
In
altri termini auspichiamo la vera rinascita di un interclassismo riformista
vesus l’ordoliberismo autoritario e la Scuola giocherebbe un ruolo strategico
per il futuro del Paese.
E’
l’unico programma che può rilanciare la Scuola e l’Istruzione riconsegnando
loro l’importante ruolo sociale e propositivo che avevano.
Nel
frattempo ci tocca resistere ricordando le sempre attuali parole del 2002 del
Procuratore Borrelli: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà
generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del
diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della
collettività "resistere, resistere, resistere" come su una
irrinunciabile linea del Piave”.
In
attesa degli aumenti stipendiali ormai “estivi”, buona giornata, se potete.