Il termine Algebra proviene da al-giabr,
espressione dovuta al matematico arabo Muhammad ibn Musa
al-Khwarizmi che visse intorno all’anno 820 d.C. e dal cui nome è derivata anche la parola
algoritmo. La sua opera Al-Kitab al-mukhtafar fi hisab al-giabr wa al-muqabala
(Breve opera sul calcolo di spostare e raccogliere) spiega metodi generali per
risolvere equazioni manipolando quantità incognite. Al-Khwarizmi usa parole,
non simboli ma i suoi metodi sono simili
a quelli usati oggi. Al-giabr significa “sommare quantità uguali da entrambe le parti di
un’equazione”. Una delle direttrici dell’algebra moderna è data dallo sviluppo
della teoria delle sostituzioni che ha in G. L. Lagrange, A. Vandermonde, K. F.
Gauss, P. Ruffini e A. L. Cauchy le sue origini, ma trova in E. Galois il suo
primo vero realizzatore. A questi si deve non solo la riduzione dello studio
delle equazioni algebriche a quello dei gruppi di permutazioni a esse
associati, ma anche un approfondimento della teoria generale dei gruppi.
Un'ulteriore linea di indagini è costituita dalle ricerche degli algebristi
inglesi sui numeri immaginari che sfociarono negli anni 1830-50
nell'elaborazione della nozione astratta di legge di composizione che consentì
di ampliare notevolmente il campo delle ricerche algebriche. Essi applicarono
questa nozione a diversi nuovi enti algebrici: algebra della logica, vettori,
quaternioni, strutture ipercomplesse generali (W. R. Hamilton), matrici e leggi
non associative (A. Cayley). In quegli anni anche matematici tedeschi avevano sviluppato
il calcolo vettoriale (A. F. Möbius, G. Bellavitis), l'algebra lineare e le
strutture ipercomplesse (H. Grassmann). Gli studi in queste direzioni
proseguirono anche nella seconda metà del sec. XIX. Dallo studio dell'opera di
Gauss, la scuola tedesca elaborò la teoria dei numeri algebrici (P. G. L.
Dirichlet, E. E. Kummer, R. Dedekind, D. Hilbert) che portò alla precisazione e
all'ampliamento di tutta una serie di nozioni di algebra astratta, come per
esempio quella di corpo e quella di ideale.
È in questo periodo che vennero
elaborate le nozioni di gruppo di operazioni, di anello, di modulo. In seguito
alla pubblicazione delle opere di Galois e all'opera di C. Jordan si ebbe un
grande incremento nello studio della teoria dei gruppi. Nel 1854 A. Cayley
definì le nozioni di gruppo astratto e di spazio omogeneo. C. Jordan studiò le
proprietà dei gruppi, i gruppi lineari e i loro sottogruppi, i gruppi infiniti
(in seguito sviluppati da S. Lie, F. Klein e H. Poincaré), la nozione di
rappresentazione di un gruppo in un altro e quella di gruppo quoziente.
Matematici americani (B. Peirce, C. S. Peirce, L. E. Dickson, J. M. Wedderburn)
e inglesi (J. J. Sylvester, W. Clifford) continuarono sino agli inizi del
Novecento lo studio dell'algebra lineare e dei sistemi ipercomplessi. Studio
che, con metodi differenti, venne condotto anche dai tedeschi (W. T.
Weierstrass, R. Dedekind, G. Frobenius, T. Molien) e dai francesi (E. Laguerre,
E. Cartan). Tutti questi indirizzi di ricerca trovano la loro sintesi nella
scuola tedesca moderna cui si deve l'opera di assiomatizzazione dell'algebra
che fu iniziata da Dedekind e da Hilbert, per essere poi proseguita da E.
Steinitz, E. Artin, E. Noether, H. Hasse, W. Krull, O. Schreier e B. L. van der
Waerden, il cui trattato Algebra moderna (1930) dà un'esposizione sistematica
di tutti questi studi ed è il punto di partenza di quelli più recenti di
algebra astratta. A qual punto di sviluppo sia giunta l'algebra moderna
attraverso il processo di assiomatizzazione può forse essere indicato
dall'opera di N. Bourbaki (pseudonimo collettivo di un gruppo di matematici
francesi e americani) che ha intrapreso il tentativo nei suoi Elementi di
matematica (oltre venti volumi pubblicati) di dare un'esposizione algebrica di
tutte le dottrine matematiche fondate sull'idea di struttura.
Dopo che gli algebristi italiani del
sedicesimo secolo ebbero trovato le formule risolutive delle equazioni di terzo
e quarto grado generiche iniziò una lunga ricerca della formula risolutiva per
le equazioni di quinto grado o di grado superiore al quinto. Tale ricerca non
ebbe buon esito nonostante le migliori menti matematiche si dedicarono a questo
problema, tra cui Lagrange e Gauss. Se dapprima si cercarono delle formule
risolventi (senza successo), il dibattito si spostò successivamente sulla
possibilità che tali formule esistessero, mettendo così in discussione il fatto
stesso che il problema fosse risolvibile.
Fu un matematico e medico italiano,
Paolo Ruffini (1765-1822), che nel 1799 prese una posizione forte
sull’argomento con la pubblicazione di “Teoria generale delle equazioni in cui
si dimostra impossibile la soluzione algebrica delle equazioni generali di
grado superiore al quarto”.
Ruffini dimostra in due volumi (più di 500 pagine)
che esistono delle equazioni di quinto grado per cui non è possibile trovare le
soluzioni utilizzando solamente le operazioni elementari (addizione,
sottrazione, moltiplicazione, divisione, elevamento a potenza, estrazione di
radici). Tale pubblicazione viene quasi completamente ignorata a parte poche
eccezioni. Si scoprì poi che tale dimostrazione conteneva una lacuna che venne
colmata da un matematico norvegese, Henrik Abel (1802-1829), che riscoprì
completamente la dimostrazione senza conoscere quella originale di Ruffini.
La pubblicazione di Abel del 1824 era
però fortunatamente più stringata, solo 6 pagine! Per questa ragione il teorema
che dimostra l’impossibilità di una risoluzione algebrica delle equazioni di
grado superiore al quarto prende il nome di Teorema di Abel-Ruffini