Lo stalking giudiziario può essere definito come un insieme sistematico ed incessante di azioni giudiziarie che un soggetto mette in atto nei confronti di un altro per danneggiarlo dal punto di vista economico, psicologico ed emotivo.
Le azioni giudiziarie che vengono intraprese dallo stalker possono configurarsi in un susseguirsi di denunce, di querele, di esposti e di segnalazioni all’autorità giudiziaria ai danni della vittima reale. A causa di queste condotte persecutorie, i processi giudiziali hanno una durata lunghissima e ciò determina costi elevatissimi per il sistema ma, soprattutto, per le vere vittime poiché lo stalker vuole esporre la sua “preda” a spese giudiziarie per causarle un danno di natura economica. Per diminuire questo fenomeno, il Parlamento italiano ha approvato una modifica dell’articolo 91 del codice di procedura civile (legge 162 del 2014) che prevede la riduzione dei casi in cui è possibile compensare le spese fra le parti, accollando i costi delle cause inutili a chi le ha proposte. Coloro che attuano questo tipo di comportamento raramente sono affetti da psicopatologie: nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di persone che sentono il bisogno di vendicarsi. Di conseguenza, il vero stalker ritiene doveroso attuare questo tipo di condotta che crea danni all’altro in quanto è “normale” volersi vendicare per il torto subito soprattutto per vie legali. Può capitare, invece, che alcune persone ritengano di essere vittime non per vendicarsi di qualcuno ma perché soffrono di gravi problemi psicopatologici che possono manifestarsi, ad esempio, attraverso deliri di persecuzione.
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