Colleghi di RTS e personale del mondo della scuola,
ho tenuto e mantenuto il silenzio per leggere, riflettere e ripensare alla Scuola italiana, intesa come sistema formativo per le nuove generazioni. Per osservare i più numerosi e differenti punti di vista e cercare, così, di elaborare l’idea di quella Scuola italiana che, prima dell’Autonomia scolastica e della Riforma Gelmini ( non me ne voglia, il neo Ministro) era il fiore all’occhiello dell’Italia e dell’Europa.
Da allora, il sistema formativo italiano ha subito quel lento e strategico smontaggio dalle ore di insegnamento disciplinare al tempo scuola. Ed ora? Ora è un continuo lamento: il luogo ed il contesto preposto alla conoscenza dello sconosciuto, all’istruzione per tutti e di tutti, nel rispetto delle reciproche differenze, è in crisi.
E se nella crasi della parola crisi sta la forte presenza dell’opportunità, perché non la erigiamo a nostro vessillo.
Il valore del riconoscimento del lavoro di tutto il personale scolastico deve partire da noi: lamentarsi non produce nulla di buono se non quel farsi agganciare da dinamiche politiche che ben poco o nulla sanno della quotidianità del lavoro e dell’impegno scolastico.
Mi chiederete: ed allora che fare, come fare?
C’è da studiare, conoscere a menadito la normativa scolastica da Gentile ad oggi e le riforme politiche che si sono susseguite sino alla più recente Buona Scuola di matrice renziana e l’ultimo contratto del comparto già scaduto il 31 dicembre 2018.
È una presa d’atto di come è la Scuola italiana e quanto impegno INDIVIDUALE occorre per iniziare a parlare una sola ed unica lingua: semplificare, dematerializzare e innovare tenendo presente il principio cardine dell’istruzione e formazione della next generation ue.
Ritornare a leggere, scrivere e far di conto: poco? No, se tutti sapranno farlo con l’uso dei mezzi digitali e informatici.
Si tratta di tornare a pensare e non agire d’emblee, ma riflettere prima di agire e di parlare.
Con tutto rispetto per la politica, i sindacati, è da ognuno di noi che deve esserci la consapevolezza del ruolo professionale che ricopriamo: non solo diritti, che non sono infiniti, ma anche quei doveri essenziali per rendere reale, e non virtuale, il processo della conoscenza ed abbattere la barricata di ignoranza che non potrà non esplodere in molteplici aspetti sociali.
Possiamo scrivere tutte le lettere a tutti i ministri ma se non saremo coerenti nel nostro agire rispetto alle richieste avanzate, non acquisiremo credibilità e considerazione.
Uno non vale uno.
Uno vale e l’unione crea la forza.
Annamaria Milano