Aldo D. Ficara sulla Silicon Valley messinese: eliminare il gender dream gap per rilanciare le discipline STEM
La rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando richiede persone istruite adeguatamente e necessariamente specializzate. Le conoscenze tecnico-scientifiche richieste dall’industria 4.0 caratterizzano i percorsi di studi STEM, come le materie scientifiche, tecnologiche e corsi di ingegneria e matematica. Purtroppo, però, la popolazione femminile si sta trovando in parte esclusa da questo cambiamento epocale. I numeri parlano chiaro: nel mondo, meno di 4 laureati su 10 nelle materie STEM sono donne. Su queste problematiche si inserisce la Giornata internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, un evento, istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e patrocinato dall’Unesco, che viene dedicato alle ragazze Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics) . Questa giornata internazionale ha una valenza enorme. Serve infatti a ricordarci e a ricordare che le donne non possono più restare ai margini dei settori delle materie tecnico-scientifiche, dalla fisica alla chimica, passando dalla robotica alla matematica, fino alle varie branche dell’ingegneria. Secondo l’ultimo rapporto Unesco, infatti, solo il 33% dei ricercatori sono donne, nonostante rappresentino il 45% delle laureate e il 55% degli studenti di Master. I motivi per cui le ragazze non si avvicinano alle materie Stem sono dovuti soprattutto a stereotipi e pregiudizi, secondo i quali le donne sarebbero meno portate per la scienza rispetto agli uomini. Le cause per cui le donne che scelgono percorsi STEM sono una minoranza sono molte e spaziano da fattori individuali a elementi sociali e di background familiare. Tra i fattori individuali ci sono la minor motivazione personale e autostima, specialmente in materie come la matematica. Le motivazioni biologiche, per cui le donne sarebbero naturalmente meno capaci in queste materie, sembrano invece essere superate. Per quanto riguarda gli aspetti sociali e familiari, primo fra tutti c’è il pregiudizio e stereotipo per cui le donne e le materie scientifiche non siano compatibili. Questa percezione sociale crea una sorta di barriera psicologica per le donne, che fin da bambine sono portate a sentirsi inferiori ai maschi in questi ambiti. Sensazione a cui talvolta contribuiscono persino gli stereotipi di genere degli insegnanti. La mancanza di modelli nell’immaginario collettivo gioca anche la sua parte. In generale, sembra che questi cofattori sociali siano comunque più determinanti di quelli individuali. In ultimo luogo, le donne sono svantaggiate anche sul luogo del lavoro. OItre a salari mediamente più bassi, a parità di livello di istruzione, prevale ancora l’idea che la popolazione femminile debba occuparsi dei lavori di casa e del mantenimento dei figli. Questa situazione riduce il loro potere contrattuale sul mercato del lavoro, anche per promozioni interne ed esterne. Nelle carriere accademiche – ed anche STEM – la maternità porta a interruzioni lavorative che ostacolano un’ascesa della carriera lavorativa paragonabile a quella degli uomini. Quindi, è un misto di barriere sociali, psicologiche ed economiche a tenere lontane le donne dalla scienza. Cosa si può fare per incentivare la partecipazione delle ragazze nelle discipline STEM? Come e su quali aspetti è possibile intervenire nello spazio scolastico? Di seguito proviamo a richiamare cinque principali azioni che possono andare in questa direzione:
1.
Rappresentare
e condividere le storie di donne nella scienza, in cui le ragazze possano
riconoscersi, per costruire immaginari plurali. Alcune ricerche mostrano come
solo il 50% delle ragazze conosce una donna che ha avuto una carriera in ambito
STEM, per questo è fondamentale offrire modelli di ruolo femminili, riscrivere
la storia della scienza riportando alla luce biografie e scoperte dimenticate,
non raccontate, che vedono le donne protagoniste del progresso scientifico.
2.
Prevedere
delle esperienze pratiche che coinvolgano le ragazze in prima persona.
L’esperienza scientifica è soprattutto esperienza “del fare”: bisogna dunque
offrire alle più giovani l’opportunità di partecipare a laboratori,
esperimenti, processi di ricerca sul campo all’interno dello spazio scolastico,
mostrando le discipline STEM “in azione” nella quotidianità.
3.
Avviare
dei percorsi di mentorship attraverso la presenza di formatrici/formatori
capaci di alimentare la curiosità delle ragazze nelle materie STEM. Articolare
dei percorsi animati da differenti formatrici e formatori in grado di
raccontare diversi aspetti della scienza può essere fondamentale per costruire
dei percorsi di mentorship all’interno della scuola. È importante che si tratti
di figure con cui le ragazze possono confrontarsi, condividere, incuriosirsi,
imparare.
4.
Mostrare
come parlare di scienza voglia dire parlare di aspetti della vita di tutti i
giorni, proponendo applicazioni molteplici e differenziate. Spesso la
rappresentazione della scienza è schiacciata su un immaginario
“scienza=scienziata/o”, come se parlare e studiare le discipline STEM
significasse operare esclusivamente in grandi laboratori, fare esperimenti o
cambiare il mondo con le proprie scoperte. In realtà le conoscenze scientifiche
permettono di leggere il mondo da prospettive articolate, producono
consapevolezza, indipendenza e autonomia, e sono spendibili in diversi campi e
figure professionali.
5.
Condividere
con loro la lezione forse più importante che il processo scientifico insegna:
le difficoltà, gli errori, sono fondamenti per il percorso di apprendimento. Lo
spazio scolastico può mostrare alle più giovani che le abilità si acquisiscono
gradualmente, le criticità sono le benvenute e che migliorare è un processo
possibile.
Sitografia:
https://www.orizzontipolitici.it/donne-e-materie-stem-un-altro-tassello-della-disparita-di-genere/