«Gentile direttore, sono una studentessa che ha frequentato con ottimi risultati il quarto anno in un istituto superiore in provincia di Lecco. Le scrivo per dar voce alla sofferenza provocata da un grave episodio di cui sono stata vittima il 22 aprile durante una visita di istruzione a Napoli e a seguito del quale mi sono vista costretta a cambiare scuola. Si tratta di un’aggressione avvenuta in albergo nel cuore della notte da parte di un compagno: un’aggressione fisica (sono stata spintonata) e verbale (con insulti e urla gridate in faccia) alla quale hanno assistito alcune compagne che per lo spavento si sono messe a piangere, mentre io in preda al panico venivo soccorsa dagli insegnanti. La mia colpa è stata chiedere di rientrare nella mia camera — era l’1.30 — che condividevo con una compagna, che si era chiusa con il fidanzato all’interno e da cui provenivano pianti e voci tutt’altro che rassicuranti.
Da quel giorno è iniziato l’inferno. Tornati in classe, i professori si sono comportati in modo che l’episodio fosse considerato un litigio tra due studenti. Perché si è voluto ridimensionare un fatto di tale gravità? Perché la comprensione che avevo trovato inizialmente negli insegnanti è andata scemando per trasformarsi quasi in un’accusa? Indirettamente e direttamente mi sono giunti segnali inquietanti da parte dei docenti: «Avresti fatto meglio a farti i fatti tuoi, così non sarebbe successo nulla». La professoressa incaricata di ricostruire i fatti due giorni dopo è sparita e non si è più vista sino a fine anno, altri docenti hanno solidarizzato col responsabile dell’accaduto. A nulla è servito rivolgermi alla dirigente scolastica che mi ha accolto nel suo ufficio solo dopo varie sollecitazioni e dopo aver già sentito l’accusato ma non le testimonianze delle compagne che avevano assistito. Il provvedimento assunto dalla scuola, che definirei ridicolo, nei confronti di chi mi ha aggredito è stata la sospensione di un giorno con presenza obbligatoria a scuola durante la giornata dello sport d’istituto.
Mi sono sentita sola, presa in giro, senza sostegno fra i professori che avrebbero dovuto tutelarmi. Ma non è finita, perché a fine anno mi sono ritrovata in pagella un 8 in comportamento, quando nel primo quadrimestre avevo 9. Alla fine ho deciso di cambiare scuola. Quello che non riesco a capire è perché debba essere io a pagare il prezzo di quanto successo. Spero che questa lettera solleciti una presa di consapevolezza sul ruolo che gli adulti svolgono nel mondo della scuola e di poter riacquistare fiducia nei «grandi», che mi hanno delusa e ferita.