SCUOLE PER POCHI E SCUOLE PER TUTTI


La riduzione dell'intelligenza umana alla sola attività razionale e intellettuale è un'operazione che si sviluppa a partire dagli inizi della filosofia greca e subisce un'intensificazione col neoplatonismo e col cristianesimo,impegnati a purificarla di tutti gli elementi emotivi e sensoriali. Per impulso di scelte di sapore ascetico si è venuto a costituire un paradigma di intelligenza,che è stato piegato a meraviglia alle esigenze delle stratificazioni economico-sociali,ai valori e ai convincimenti particolari delle società pre-industriali.

Per il prestigio datogli da così grande e lunga tradizione di pensiero e per la sua concomitanza con gli interessi delle classi dirigenti ,questo modello di intelligenza pura nel corso della storia è stato fatto proprio da tutti i sistemi scolastici . Un paradigma elitario e vivo anche quando altri valori,altre classi sociali,altra organizzazione del lavoro e delle attività economiche hanno messo radici nelle nostre società.Un paradigma che non si riesce a smontare, nonostante la consapevolezza acquisita dell'esistenza e del grande valore delle varie forme dell'intelligenza umana,che hanno arricchito e arricchiscono con i propri risultati e con le proprie fatiche la vita dell'uomo.
Da questo modello di intelligenza si è voluto dedurre una gerarchia sociale delle occupazioni umane, che ha collocato al primo posto l'attività intellettuale e all'ultimo posto qualsiasi attività pratica . Nel prolungamento storico di questo pregiudizio sociale ,che assegna il primato nelle attività umane,sempre e comunque, all'intelligenza "speculativa e razionale", un ruolo importante hanno avuto tutti i filoni del razionalismo, Cartesio e il cartesianesimo,ricollegabili peraltro alla tradizione platonica. "E io trovo qua che il pensiero è un attributo che mi appartiene;solo esso non può essere staccato da me"."Io non sono ,dunque,precisamente parlando che una cosa che pensa".
I sistemi scolastici hanno materializzato questo pregiudizio nella divisione sociale dei gradi e degli ordini di istruzione:scuole per tutti;scuole per chi se lo può permettere;scuole che portano ai ranghi delle élites ,scuole che portano alle attività manuali,scuole che portano ai quadri intermedi .Ogni tipo di scuola adatto alle opportunità date dagli ambienti e dalle famiglie di appartenenza ,ma non alle doti e alle qualità naturali, come si ama dire e rappresentare ipocritamente,cercando di trasformare i vantaggi sociali ereditari in meriti personali acquisiti. Tentativi in Italia per uscire da questa gabbia ne sono stati fatti ed è giusto ricordarli, perchè sono stati sostenuti da dibattiti seri e profondi e da lotte politiche e sociali impegnative:la creazione della scuola media unica ,con l'introduzione della musica e delle applicazioni pratiche e la progressiva eliminazione del latino(con buona pace dei coniugi Mastrocola-Ridolfi);il libero accesso a qualsiasi facoltà universitaria da qualsiasi scuola secondaria;la durata quinquennale di ogni indirizzo scolastico;e fino a qualche anno fa la trasformazione dei curricoli dei tecnici e dei professionali. I fatti ,che come al solito hanno la testa dura,ci ricordano che ciò nondimeno all'università ci si va in prevalenza dai licei(dove prevalgono le discipline logico-teorico- linguistiche);che ai licei ci si va da famiglie bene-stanti;che ai professionali si mandano i ragazzi a rischio di dispersione ,perché non se la cavano tanto bene.
Considerato il rapporto tra titolo di studio e reddito economico,così come lo documentano da qualche decennio le più serie ricerche di sociologia dell'educazione, si dovrebbe concludere che chi sa parlare e scrivere,chi è in possesso del codice linguistico ,praticato a scuola e nelle professioni che contano,chi affina l'intelligenza astratta e/o teorica è destinato a grandi carriere ;chi possiede altre forme di intelligenza ed è al di sotto del codice linguistico in voga si deve arrangiare;chi si realizza in prodotti umani che non siano il leggere e lo scrivere o il lavoro intellettuale- razionale,deve accontentarsi di quello che passa il convento.E allora se il lavoro manuale è deprezzato , rispetto a qualsiasi lavoro d'ufficio, per quale ragione una famiglia dovrebbe indirizzare un ragazzo verso un'attività sociale poco considerata? Perchè non dovrebbe tentare la strada che conduce all'Università, se prima o poi potrebbe godere di un reddito mediamente superiore a quello dei diplomati o degli operai?
Il ribaltamento di questa logica perversa è responsabilità della politica ,che dovrebbe sottrarsi alle pressioni che provengono in tanti modi da alcuni settori della società,interessati a imporre alla scuola la propria scala di valori e a farvi consolidare il regime di diversificazione sociale degli indirizzi di studio. Una responsabilità che si ha nei confronti del dettato costituzionale che prevede l’abbattimento delle barriere che impediscono a tanti giovani la libera scelta del percorso scolastico.Barriere che non sono solo di natura economica.
La scuola per molti aspetti è costretta ad essere il notaio di queste costanti situazioni di disuguaglianza ,ma non è detto che ne debba essere succube.Le disuguaglianze esterne si riversano dentro la scuola:lo sappiamo ;bisogna impedire,però, che possano accumularsi con quelle che possono essere prodotte dal sistema scolastico stesso o dal modo di fare scuola. Non c'è da fare la guerra alla cultura teorico-linguistica e agli indirizzi che la promuovono ;ma è opportuno riqualificare e irrobustire gli altri ,che privilegiano altre dimensioni .La scuola può valorizzare ogni forma di intelligenza e di impegno e anche lavorare ,perchè il possesso di un adeguato codice linguistico,per le opportunità che apre,sia garantito a tutti.
Anche se il mondo va per i fatti propri ,la scuola deve fare le proprie scelte di giustizia e non rassegnarsi ad un ruolo di subalternità ai voleri e ai valori altrui.Ogni giovane ,qualunque sia la sua origine ,deve riuscire ad affrontare gli altri su un piano di parità;la scuola deve offrire ad ognuno la possibilità di realizzare il suo potenziale umano per vivere secondo il principio di dignità;nessuno deve restare indietro;nessuno deve uscire dal sistema scolastico senza il bagaglio necessario di competenze per non essere emarginato e per vivere una vita dignitosa;la scuola non deve contribuire ad aumentare le differenze di riuscita tra individuo e individuo;quelli che sono allo stesso livello di talento e di capacità e hanno lo stesso desiderio di utilizzarli ,devono avere le stesse prospettive di successo, senza tener conto della loro posizione sociale.
L'equità del sistema di istruzione è la sua unica giustificazione e la via d'uscita dalla sua crisi:rappresenta la sua sfida per il presente e per il futuro.

RAIMONDO GIUNTA